Nella mia sfera personale sono fiero di
non aver avuto altre persone ispiratrici che non me stesso e la mia ristretta
cerchia familiare (mia moglie e i miei due splendidi figli) e che ho cercato
sempre di riprendermi con forza e determinazione dalle curve che la vita,
talvolta, mi ha “saputo” regalare (chi mi conosce bene sa a cosa mi riferisco).
Tuttavia, nella sfera professionale riconosco che ci sono persone che in
qualche modo occupano un posto importante nella mia personale galleria di
riferimenti. Steve Jobs era, ed è, uno di questi.
Credo infatti che chiunque, che come me
è un cliente, fan, appassionato del “mondo Apple” da tanti anni (il mio primo
Macintosh è del 1989), abbia sempre considerato Steve
Jobs un grande innovatore, un leader visionario, eppure così pragmatico nella
capacità di trascinare gli altri con il suo carisma. Senza considerare
l’impatto delle sue presentazioni, tanto efficaci da creare un vero e proprio
“mito”, celebrato da tanti volumi.
Per ricordarlo, non voglio parlare
dell’uomo (alcuni lo dipingevano come un tiranno molto esigente, con gli altri
oltre che con se stesso) ma del leader e soprattutto del
comunicatore. Per farlo, ricorro a uno dei suoi più famosi discorsi, quello
dell’università di Stanford del 2005 che, alla luce della sua morte, avvenuta
questa notte per colpa di un maledetto tumore al pancreas, considero il suo
testamento spirituale. Perfettamente in linea con il suo stile e la sua ormai
famosa “regola”, sono tre gli argomenti che tratta e che mi piace
sinteticamente riportare, cercando di evidenziare alcuni aspetti che riguardano la “mia
più cara amica”, la formazione, e in generale la vita stessa.
1) Unire i puntini
In questo primo capitolo parla della
sua decisione di abbandonare l’università ma soprattutto di come abbia vissuto
le occasioni che il caso (qualcuno direbbe il destino) gli ha offerto. Il suo è
un invito a non porsi troppi problemi sulla comprensione del significato delle
cose (appunto, l’unione dei puntini) nel momento in cui queste si vivono. Non
bisogna correre, andare in fretta alle conclusioni. Tutto
infatti diverrà più chiaro con il tempo (è
sempre importante trovarlo), crescendo nella maturazione e nella consapevolezza
di ciò che si è diventati, partendo tuttavia da ciò che si è stati, prima
ancora che da ciò che si è. “Non è possibile unire i puntini guardando
avanti; potete unirli solo guardandovi indietro. Così dovete aver fiducia che
in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire”. Un
semplice invito a spostare la propria attenzione verso il futuro.
2) Amore e perdita
Parla del suo licenziamento dopo aver
fondato la Apple. Ne parla con tale enfasi… attenzione, non per il dolore
sofferto, bensì per la consapevolezza (dopo tanti anni) che quella era stata
“la miglior cosa” che gli fosse potuta succedere. Questo perché quel profondo
trauma gli ha in realtà permesso di entrare in uno dei periodi più creativi
della sua vita (!). Incredibile no? Quella che sembrava la fine di tutto non
era in realtà che un nuovo inizio. Questo è un pezzo perfetto per la gestione del cambiamento, per farci
capire che davvero per qualcosa che finisce c’è sempre qualcosa che è pronta
per iniziare. La cosa
importante, quello che permette di fare la differenza è l’atteggiamento,
l’approccio, la risposta alle difficoltà. Emozioni come il dolore, la rabbia,
il risentimento, il rancore sono assolutamente normali. Ma non dobbiamo
permettere loro di toglierci il respiro e la linfa vitale. Cosa e come vogliamo
che sia la nostra vita? E perché vogliamo certe cose? Dalla risposta a queste
domande dipenderà la capacità di veicolare le emozioni negative nei momenti di
crisi, verso atteggiamenti costruttivi, di interpretazione del proprio
carattere e del nostro “mondo”. Un
semplice invito a rialzare la testa, quando si è a terra.
3) Morte
Il terzo capitolo è dedicato alla morte
ed è questo che, a sentirlo oggi, è forse quello che colpisce di più, perché
parla della sua esperienza con il cancro, che allora sembrava sconfitto. “Nessuno
vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono
morire per andarci”. Parlando ai giovani suggerisce di vivere ogni giorno
seguendo il proprio cuore e le proprie intuizioni, perché “in
qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare”. E poi la
frase finale, il suo monito che ripropongo oggi e che conserverò gelosamente
nel libro degli insegnamenti per i miei figli: “Stay hungry, stay foolish” (Siate affamati, siate folli).
Amare quello che si fa e non averne mai abbastanza, è questo il “motore” della
motivazione, è questo che ci vivere (e non solo sopravvivere) facendoci
camminare, giorno per giorno, un passo alla volta. Un
semplice invito alla passione, che poi è quello che rende unica e originale una
presentazione.
Grazie Steve…
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