giovedì 6 ottobre 2011

Goodbye Steve




Nella mia sfera personale sono fiero di non aver avuto altre persone ispiratrici che non me stesso e la mia ristretta cerchia familiare (mia moglie e i miei due splendidi figli) e che ho cercato sempre di riprendermi con forza e determinazione dalle curve che la vita, talvolta, mi ha “saputo” regalare (chi mi conosce bene sa a cosa mi riferisco). Tuttavia, nella sfera professionale riconosco che ci sono persone che in qualche modo occupano un posto importante nella mia personale galleria di riferimenti. Steve Jobs era, ed è, uno di questi.


Credo infatti che chiunque, che come me è un cliente, fan, appassionato del “mondo Apple” da tanti anni (il mio primo Macintosh è del 1989), abbia sempre considerato Steve Jobs un grande innovatore, un leader visionario, eppure così pragmatico nella capacità di trascinare gli altri con il suo carisma. Senza considerare l’impatto delle sue presentazioni, tanto efficaci da creare un vero e proprio “mito”, celebrato da tanti volumi.

Per ricordarlo, non voglio parlare dell’uomo (alcuni lo dipingevano come un tiranno molto esigente, con gli altri oltre che con se stesso) ma del leader e soprattutto del comunicatore. Per farlo, ricorro a uno dei suoi più famosi discorsi, quello dell’università di Stanford del 2005 che, alla luce della sua morte, avvenuta questa notte per colpa di un maledetto tumore al pancreas, considero il suo testamento spirituale. Perfettamente in linea con il suo stile e la sua ormai famosa “regola”, sono tre gli argomenti che tratta e che mi piace sinteticamente riportare, cercando di evidenziare alcuni aspetti che riguardano la “mia più cara amica”, la formazione, e in generale la vita stessa.

1) Unire i puntini
In questo primo capitolo parla della sua decisione di abbandonare l’università ma soprattutto di come abbia vissuto le occasioni che il caso (qualcuno direbbe il destino) gli ha offerto. Il suo è un invito a non porsi troppi problemi sulla comprensione del significato delle cose (appunto, l’unione dei puntini) nel momento in cui queste si vivono. Non bisogna correre, andare in fretta alle conclusioni. Tutto infatti diverrà più chiaro con il tempo (è sempre importante trovarlo), crescendo nella maturazione e nella consapevolezza di ciò che si è diventati, partendo tuttavia da ciò che si è stati, prima ancora che da ciò che si è. “Non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete unirli solo guardandovi indietro. Così dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire”. Un semplice invito a spostare la propria attenzione verso il futuro.

2) Amore e perdita
Parla del suo licenziamento dopo aver fondato la Apple. Ne parla con tale enfasi… attenzione, non per il dolore sofferto, bensì per la consapevolezza (dopo tanti anni) che quella era stata “la miglior cosa” che gli fosse potuta succedere. Questo perché quel profondo trauma gli ha in realtà permesso di entrare in uno dei periodi più creativi della sua vita (!). Incredibile no? Quella che sembrava la fine di tutto non era in realtà che un nuovo inizio. Questo è un pezzo perfetto per la gestione del cambiamento, per farci capire che davvero per qualcosa che finisce c’è sempre qualcosa che è pronta per iniziare. La cosa importante, quello che permette di fare la differenza è l’atteggiamento, l’approccio, la risposta alle difficoltà. Emozioni come il dolore, la rabbia, il risentimento, il rancore sono assolutamente normali. Ma non dobbiamo permettere loro di toglierci il respiro e la linfa vitale. Cosa e come vogliamo che sia la nostra vita? E perché vogliamo certe cose? Dalla risposta a queste domande dipenderà la capacità di veicolare le emozioni negative nei momenti di crisi, verso atteggiamenti costruttivi, di interpretazione del proprio carattere e del nostro “mondo”.  Un semplice invito a rialzare la testa, quando si è a terra.

3) Morte
Il terzo capitolo è dedicato alla morte ed è questo che, a sentirlo oggi, è forse quello che colpisce di più, perché parla della sua esperienza con il cancro, che allora sembrava sconfitto. “Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci”. Parlando ai giovani suggerisce di vivere ogni giorno seguendo il proprio cuore e le proprie intuizioni, perché “in qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare”. E poi la frase finale, il suo monito che ripropongo oggi e che conserverò gelosamente nel libro degli insegnamenti per i miei figli: “Stay hungry, stay foolish” (Siate affamati, siate folli). Amare quello che si fa e non averne mai abbastanza, è questo il “motore” della motivazione, è questo che ci vivere (e non solo sopravvivere) facendoci camminare, giorno per giorno, un passo alla volta. Un semplice invito alla passione, che poi è quello che rende unica e originale una presentazione.
Grazie Steve…

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