Segue il post di ieri; tratto dal blog di Luca Tantalo.
Di Redazione MondoADR
Chi rifiuta l’accordo non ha diritto al processo
breve, nè all’indennizzo per il processo lungo. È questa una delle novità del
decreto legge 83/2012, in pubblicazione oggi sulla Gazzetta Ufficiale, che
introduce misure urgenti per la crescita. Tra queste, le modifiche alla legge
Pinto. L’articolo 54 del decreto sulla crescita modifica l’articolo 2 della
legge Pinto (n. 89/2001) e aggiunge il comma 2-quinquies, in cui si elencano i
casi in cui non è riconosciuto l’indennizzo, anche se il processo è durato per
un tempo irragionevole.
Tra queste ipotesi spicca il caso di cui
all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo
2010, n. 28 (provvedimento sulla conciliazione). Ai sensi dell’articolo 13
citato, quando il provvedimento che definisce il giudizio (celebrato a seguito
del fallimento della mediazione) corrisponde interamente al contenuto della
proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese sostenute dalla parte
vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla
formulazione della stessa, e la condanna al rimborso delle spese sostenute
dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento
all’entrata del bilancio dello stato di un’ulteriore somma di importo
corrispondente al contributo unificato dovuto. Quindi chi vince paga le spese,
se la sentenza che gli dà ragione è esattamente corrispondente alla proposta di
mediazione rifiutata dall’interessato.
Ora non solo chi vince deve pagare le spese del
processo (per sé e per chi ha perso la causa), non solo deve pagare allo stato
una sanzione pari al contributo unificato: oltre a tutto ciò perde il diritto
all’indennizzo se il processo è durato oltre il termine ragionevole (sei anni
per tutti e tre i gradi di giudizio). L’indennizzo, invece, spetta nel caso in
cui il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al
contenuto della proposta (articolo 13, comma 2, del dlgs 28/2010): in questo
caso il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, può escludere la
ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice per l’indennità
corrisposta al mediatore e altre spese affrontate durante la mediazione.
La novità sulla esclusione dell’equo indennizzo
vuole incentivare il più possibile la mediazione e si colloca sulla scia di
altre disposizioni del medesimo tenore. Si consideri, a questo proposito,
l’articolo 8 del dlgs 28/2010. Questo articolo punisce chi non partecipa alla
mediazione: innanzi tutto dalla mancata partecipazione senza giustificato
motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova
nel successivo giudizio (una sorta di ammissione di colpa); ma soprattutto il
giudice deve condannare la parte costituita che, nei casi di mediazione
obbligatoria, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al
versamento all’entrata del bilancio dello stato di una somma di importo
corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio.
Potrebbe verificarsi anche il caso di chi non
partecipa alla mediazione e rifiuta la proposta di mediazione (che comunque
l’altra parte ha chiesto che venisse formulata, sempre se previsto dal
regolamento dell’organismo di mediazione). Se così fosse, si rischia di pagare
tre volte il contributo unificato.