Riporto il testo del mio intervento allo Speaker's corner della mediazione civile e commerciale. Io non potrò essere presente (per un sopraggiunto impegno) e il mio intervento sarà letto dall'Avv. Mario Tocci (che ringrazio per la disponibilità) :)
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Buongiorno a tutti.
Esprimo innanzitutto il mio rammarico per non poter essere dei vostri, tuttavia
esprimo la mia piena soddisfazione perché mi è stata data comunque la
possibilità di "partecipare", sia pur "virtualmente", a
questa importante manifestazione che da finalmente l'opportunità di dare voce a
chi crede nella mediazione e se ne occupa in modo continuativo... In breve la
"vive", ben oltre i comportamenti, gli atteggiamenti e le cose dette,
ma soprattutto ascoltate, durante le varie sessioni (congiunte o separate che
siano). La vive, perché cerca di farsene portatore durante la vita di tutti i
giorni, in tutti i "teatri" in cui si trova coinvolto, nella sfera
personale e professionale.
Prima di iniziare, un
breve ringraziamento a chi ha reso possibile tutto questo, sperando che sia il
primo di una lunga serie di eventi... E un personale ringraziamento all'Avv.
Tocci, che ha dato la sua disponibilità (da me molto apprezzata) a condividere
questo mio intervento.
Ho visto dal programma
che ci sono anche altri ottimi relatori, amici prima ancora che colleghi, che
faranno il punto sulla formazione, tema a me molto caro, visto che intorno ad
essa (in buona compagnia insieme alla mediazione, ovviamente), sto investendo
gli ultimi 15 anni del mio percorso professionale. Tuttavia, vorrei
integrare le loro parole con alcune brevi considerazioni, che riguardano in
particolare la formazione, dei mediatori ma soprattutto dei formatori. Questi
ultimi infatti hanno a mio avviso un ruolo decisivo nello sviluppo del
"sistema-mediazione", perché in un modo o nell'altro i potenziali
mediatori nei corsi-base ed i mediatori già operanti (nei corsi di
aggiornamento), passano tutti davanti a noi; in un certo senso, come formatori,
in aula abbiamo davanti agli occhi il “futuro” della mediazione.
I requisiti formativi
per i mediatori nella normativa europea ed italiana
La formazione dei
mediatori è oggetto di particolari attenzioni a partire dalla normativa
europea. Infatti, già il Libro Verde del 2002 aveva sottolineato che la
padronanza delle tecniche essenziali alle Alternative
Dispute Resolution (ADR) richiedesse una solida formazione. Inoltre la
Direttiva comunitaria 2008/52/CE ha evidenziato l’importanza di un’adeguata
formazione del mediatore, considerato il mezzo necessario per arrivare a una
piena efficacia della mediazione. Il principio è ribadito nel “Codice europeo di condotta dei mediatori”
del 2004 che ha dedicato l’intero art. 11 alla competenza e alla conoscenza del
procedimento da parte di chi svolge attività di mediazione.
Per quanto riguarda
invece la normativa italiana, l’art. 4.4.a del DM 222/2004 ha disciplinato i
requisiti professionali dei conciliatori: infatti, fatta eccezione per i
professori universitari in discipline economiche o giuridiche, i professionisti
iscritti ad albi professionali nelle medesime materie con anzianità di
iscrizione di almeno quindici anni e i magistrati in quiescenza (i c.d.
“conciliatori di diritto”) per gli altri era necessario il possesso di una
specifica formazione acquisita tramite la partecipazione a corsi di formazione
tenuti da enti pubblici, università o enti privati accreditati. Il risultato di
tale previsione fu che i conciliatori con anzianità “quindicennale” (la maggior
parte dei quali all’oscuro, o quasi, delle tecniche di negoziazione) dilagarono
con ovvie ripercussioni sulla qualità dei procedimenti. Il decreto dirigenziale
del luglio 2006 ha cercato di ovviare a queste difficoltà, stabilendo che i
corsi abilitanti all’attività di conciliazione dovevano essere di 40 ore, di
cui: non meno di 4 riservate alla valutazione; non meno di 16 alla pratica; per
lo meno 32 riservate alla teoria.
Si arriva poi al
Decreto del Ministero della Giustizia 180 del 18 ottobre 2010 (d’ora in poi DM
180), che prevede, art. 18.2.f, che la formazione dei mediatori debba avere una
durata non inferiore alle 50 ore ed essere articolata in corsi teorici e
pratici («sessioni simulate partecipate dai discenti») - senza tuttavia indicare
per questi ultimi la durata minima - con valutazione finale di almeno 4 ore. Al
punto successivo il DM 180 prevede per i mediatori anche un percorso di
aggiornamento formativo di durata non inferiore a 18 ore biennali. Infine,
l’art. 4.3.b dello stesso decreto (così come modificato dal DM 145/2011)
prevede che, nello stesso biennio, il mediatore debba anche partecipare, in
forma di “tirocinio assistito”, ad almeno venti casi di mediazione svolti
presso organismi iscritti (che nei chiarimenti previsti dalla circolare
ministeriale dello scorso 20 dicembre assume le caratteristiche di una specie
di “uditorato", nel quale il tirocinante deve limitarsi a un’attività di
osservazione del lavoro del collega senza intervenire, in nessun modo, nella
procedura).
Ora, talvolta
l’impressione è che il massimo che si riesce a fare in aula non è tanto formare
alla mediazione, bensì riuscire a informare i partecipanti. Infatti, pur
tenendo conto dell’aumento del numero di ore del corso - peraltro minimo -
rispetto alla normativa del 2004, accade che, nei programmi proposti dagli enti
di formazione, la parte teorica e normativa “assorba” spesso almeno l’80% del
totale di ore. Per cui alla parte pratica si finisce per riservare solo un
esiguo numero di ore di formazione, di gran lunga insufficiente rispetto alle
esigenze dei partecipanti. In più, se consideriamo anche che nelle materie del
percorso formativo previste dall’art. 18.2.f del DM 180 trovano poco spazio le
tecniche di gestione dei conflitti e le modalità relazionali e comunicative, un
numero elevato di partecipanti che impediscono spesso la continuità delle
attività didattiche (soprattutto nella parte c.d. pratica), la provenienza
quasi esclusivamente giuridica dei formatori, la mancanza di chiarezza su cosa
debba intendersi per formazione teorica e pratica (infatti tra gli enti di
formazione, i responsabili scientifici e gli stessi formatori ci sono talvolta
profonde differenze rispetto ai significati), la mia impressione è che, alla
fine, molti dei programmi sono orientati su una formazione di tipo
essenzialmente normativo e di carattere prevalentemente nozionistico.
Serve questo tipo di
impostazione? E se sì quanto, nel concreto? Nel film “Men in black III” uno dei
protagonisti, l’agente K suggerisce a un giovane collega: “Non fare domande di
cui non vuoi sentire le risposte…”. Chissà, forse questo suggerimento può tornare utile anche a proposito delle domande appena fatte...
Quali competenze per i
formatori?
Il decreto del 2006 ha
stabilito che i formatori fossero persone «in possesso dei requisiti di
qualificazione professionale dei conciliatori» e che avessero «maturato
esperienza almeno triennale quali docenti in corsi di formazione nelle materie
giuridiche o economiche». «In sostanza docenti universitari in diritto
processuale civile, canonico, internazionale privato o esperti nella teoria
neoclassica della determinazione del prezzo in un mercato in equilibrio
perfetto» (sottolinea l’amico Giovanni Matteucci in un articolo pubblicato su
Altalex lo scorso mese di gennaio). La domanda è: Quanti di loro avevano
sentito parlare di empatia, ascolto attivo e dinamiche della facilitazione
(tanto per fare qualche esempio sugli argomenti relazionali e comunicativi) e/o
di interessi e posizioni, migliori alternative all’accordo negoziato, creazione
di opzioni negoziali, fasi della procedura di mediazione (sempre in tema di
esempi, riguardo gli specifici argomenti relativi a negoziazione e mediazione),
ma soprattutto... quanti di loro erano esperti negli aspetti legati alla
gestione delle dinamiche d’aula?
Il mio timore, anche
alla luce della mia esperienza come Responsabile scientifico di enti di
formazione accreditati presso il Ministero della Giustizia, è che queste
domande possano essere considerate valide anche alla luce della normativa
attuale, che ha certamente innalzato i requisiti dei formatori, ma che tuttavia
non risolve le perplessità riguardo la definizione delle loro competenze, dando
per scontato che le docenze fatte (anche poche, visto che non è previsto un
numero minimo) comportino automaticamente l’acquisizione di competenze di
gestione d’aula.
Gli enti di formazione
cercano sempre di “strutturare” il corso in maniera tale da utilizzare i
“docenti giusti al posto giusto” (il Ministero della Giustizia ha sottolineato
che siano previsti almeno due diversi docenti: uno per la parte teorica e uno
per quella pratica). Tuttavia, alle volte si assiste ad un eccessivo
“frazionamento” del corso, nel senso che nell’ambito delle 50 ore si registra
un vero e proprio “turn-over” di docenti, con evidente mancanza di continuità e
con il rischio di sovrapposizioni e ripetizione. In ogni caso questo non
elimina la questione di fondo, ossia: quali specifiche competenze di formazione
hanno i docenti sulla mediazione? Infatti, se è vero che in generale parlare di
certificazione delle competenze dei formatori è sempre un argomento delicato e
particolare, mi sembra, onestamente, che manchino specifiche competenze di
gestione dei processi formativi.
Una logica che vedo
spesso applicare è reperire “batterie di slides all’ultima moda da mostrare in
sequenza”, senza un’adeguata analisi sulla progettazione dell’intervento
formativo o su quali potrebbero essere gli strumenti da utilizzare
(spezzoni di filmati, role-play, esercitazioni, lavori di gruppo, simulazione, ecc.).
Inoltre, ci si preoccupa ancora poco di “lavorare” sul gruppo di partecipanti,
sul clima d’aula, sul necessario coinvolgimento di tutti, a partire dalle loro
specifiche esigenze. In breve - anche confrontandomi con diversi colleghi – l’impressione
è che, in generale, i docenti sulla mediazione civile e commerciale (teorici o
pratici che siano) in realtà siano più “esperti dei contenuti” che formatori
veri e propri (e comunque poco esperti nei processi formativi). Peraltro, nei
requisiti del DM 180 non si parla di un numero minimo di ore di docenze
effettuate, per cui, in linea teorica, è sufficiente che qualcuno abbia modo di
partecipare a qualche convegno come relatore (soprattutto se organizzato da
enti riconosciuti) per acquisire il requisito delle docenze.
Tutto ciò, a mio
avviso, può incidere molto sulla qualità dei corsi (e quindi sulla preparazione
dei mediatori e di conseguenza sulla qualità delle procedure di mediazione e,
in ultima analisi, sulla qualità dell’intero “sistema), anche in considerazione
del fatto che ai corsi partecipano persone con background i più diversi tra
loro (anche se questa si rivela spesso una risorsa) e la capacità di
facilitazione e di gestione dell’aula diventa una sfida - anche per i formatori
con grande esperienza - e un vero e proprio valore aggiunto. Infatti, se è vero
che nel 2011 le aule potevano dirsi più o meno omogenee (poiché la maggioranza
dei partecipanti aveva una preparazione giuridica, 2 su 3 secondo le
statistiche), oltre che piene fin quasi alla massima capienza potenziale di 30
persone - stabilito sempre dal DM 180, è altrettanto vero che nel 2012 i
partecipanti ai corsi hanno competenze e professionalità diverse
(commercialisti, ingegneri, architetti, geometri, medici, psicologi, sociologi,
ecc.) e l’esigenza di “personalizzare” diventa al tempo stesso sempre più
pressante e sempre più difficile.
Conclusioni
Concludendo, alla luce
dell’esperienza acquisita, è possibile disegnare uno scenario per la formazione
sulla mediazione? Intanto, tracciando un bilancio che sia il più possibile
oggettivo, direi che, nonostante le difficoltà, se valutiamo con l’occhio
rivolto al passato non possiamo non constatare comunque un miglioramento nella
definizione dei requisiti e delle caratteristiche della formazione per i
mediatori (per es. non ci sono più i “conciliatori di diritto” ed è stato
allargato il campo dei potenziali mediatori - anche se quest’ultimo punto è
stato oggetto di critiche per la mancanza, almeno stando all’opinione di
alcuni, delle “necessarie” competenze giuridiche) e nella definizione dei
requisiti per i formatori (per i teorici è stato previsto un numero minimo di
contributi scientifici e per i pratici un numero minimo di mediazioni svolte).
In futuro auspico che,
come miglioramento della situazione attuale, anche la formazione diventi un
oggetto di attenzione specifica da parte del Ministero, soprattutto dal punto
di vista di una migliore qualificazione professionale dei docenti, così come
d’altra parte sta avvenendo anche per i mediatori. In fin dei conti la crescita
degli attori principali del processo di formazione (nei quali consideriamo,
ovviamente, anche gli enti di formazione e i Responsabili scientifici), può
creare efficaci sinergie in vista delle crescita dell’intero sistema della
mediazione. In tal senso un’occasione opportuna sarà sicuramente fornita dalla
risoluzione 2011/2026 del Parlamento europeo (del settembre 2011) che ha
sottolineato l’importanza di definire standard di qualità per la formazione dei
mediatori e il loro accreditamento nell’Unione. La speranza è che questa
“sensibilità” sulla formazione a livello europeo trovi il nostro paese pronto a
fare il passo successivo.
Il tutto nella logica
di un grande negoziatore americano, il compianto Richard Holbrooke, il quale,
prima di sedersi al tavolo delle trattative diceva al suo staff: «Bene, cosa
abbiamo voglia di imparare oggi?». Io dico che se un grande esperto di
negoziazione come lui si poneva, ogni giorno in ognuna delle trattative che
hanno contraddistinto la sua carriera diplomatica, nella logica di migliorarsi
continuamente, credo che possiamo farlo anche noi. In questo modo la formazione
e la mediazione diventerebbero davvero ESEMPIO, davvero AZIONE. E dove c’è
FORMA-MEDI-AZIONE non ci sono resistenze, culturali o di casta, anche le più
potenti, che possano tenere il passo dell’innovazione e del cambiamento.
Ringrazio Mario, gli
organizzatori dello Speaker's corner, le persone presenti, ma soprattutto
ringrazio la mediazione, per la splendida opportunità che ci offre, tutti i
giorni, di imparare qualcosa di nuovo.
Un caro saluto a voi
tutti.
Stefano Cera
condivido il tuo pensiero. bell'intervento. Maria
RispondiEliminaGrazie Maria! :)
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