lunedì 7 ottobre 2013

Da Il Sole 24 ore - Mediazione alla prima prova di operatività

Da Il Sole 24 ore, a cura di Valentina Maglione e Marco Marinaro una bella pagina sulla fase 2.0 della mediazione...


Dopo tre mesi dall'approvazione del decreto del fare (69/2013), la riforma della mediazione è entrata in vigore lo scorso 21 settembre. Ma la sua vigenza non chiude del tutto il cantiere normativo. Intanto, perché occorrono chiarimenti operativi su alcuni passaggi delle nuove norme, che hanno modificato il Dlgs 28/2010 (si vedano i box pubblicati a fianco). E poi perché il ministero della Giustizia sta pensando ai prossimi interventi per aumentare i controlli sui mediatori.
Senza contare che la "fase 2" della mediazione è già stata delineata dal piano «Destinazione Italia», approvato dal Consiglio dei ministri del 19 settembre.

I punti da chiarire
La riforma della mediazione porta con sé alcune novità che hanno bisogno di essere definite meglio. Ad esempio, sono stati introdotti i limiti di competenza territoriale ma non sono stati precisati i criteri da utilizzare per individuare l'organismo a cui rivolgersi. Altri elementi, invece, appaiono contraddittori. Come nel caso dell'azzeramento per legge del compenso per gli organismi di mediazione quando il procedimento si arresta nella sua fase iniziale. L'obiettivo è quello di incentivare le parti a partecipare almeno al primo incontro di fronte al mediatore, riducendo i costi. Dall'altro lato, però, il Dl del fare ha reso obbligatoria l'assistenza legale, gravando così le parti del relativo compenso (anche se per l'assistenza dell'avvocato in mediazione si dovrebbe poter accedere al patrocinio a spese dello Stato). Inoltre, la bozza del regolamento sui parametri per i compensi degli avvocati (che il giudice deve applicare quando manca l'accordo tra avvocato e cliente), inviato dal ministero della Giustizia al Consiglio di Stato e al Cnf per i pareri, incentiva gli avvocati che portano i clienti a risolvere la lite con un accordo, prevedendo di liquidare compensi aumentati fino a un quarto rispetto a quelli che spettano di norma per la fase decisionale.
In direzioni opposte sembrano anche andare le disposizioni che, da un lato, depotenziano l'obbligatorietà della mediazione come condizione di procedibilità della lite (prevista solo in alcune materie e solo per quattro anni) e, dall'altro, introducono l'obbligatorietà per volontà del giudice.

Le mosse della Giustizia
Per migliorare la qualità della mediazione il ministero punta sui controlli sugli organismi, sia per l'accreditamento, sia sulla professionalità dei mediatori. In particolare, i tecnici del ministero sono impegnati su tre fronti. In primo luogo, si sta lavorando a un database per gestire in via informatica le pratiche per l'accreditamento. È poi in gestazione un "libro verde", realizzato con il contributo degli organismi di mediazione, che porterà a mettere a punto un manuale di qualità con precise indicazioni sugli standard minimi del servizio. Infine, partiranno i controlli sulle società di mediazione, anche con l'ispettorato generale del ministero impegnato in verifiche a campione sul posto, per monitorare se le sedi degli organismi sono adatte per svolgere la mediazione.


Le prossime modifiche
Il piano «Destinazione Italia» propone di rafforzare gli incentivi alla mediazione per spingere la soluzione stragiudiziale delle controversie con l'obiettivo di migliorare i tempi della giustizia. In particolare, si intende rendere possibile rinunciare all'assistenza legale nel procedimento ed elevare la soglia per l'esenzione dall'imposta di registro per gli accordi raggiunti in quella sede, attualmente fissata a 50mila euro. La prima misura riaprirebbe il dibattito sul ruolo dell'avvocato in mediazione, la seconda probabilmente lascerebbe deluso chi ritiene che la mediazione richieda più incentivi e strumenti normativi che ne agevolino il volontario accesso.
Altra modifica annunciata e che potrebbe incentivare, sia pur indirettamente, le parti a una soluzione rapida in sede mediativa è il prospettato aumento del tasso di interesse moratorio in base a quanto previsto dalla normativa in materia di transazioni commerciali su base Ue. Ciò perché la differenza tra il tasso legale degli interessi moratori e il tasso di mercato costituisce una spinta all'abuso di resistenza in giudizio.

Le due vie
01 | L'OBBLIGO PER LEGGE
Il Dl del fare reintroduce l'obbligo di tentare la mediazione in alcune materie come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Le materie sono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari

02 | L'OBBLIGO PER ORDINE DEL GIUDICE
Il giudice, anche durante l'appello, in base alla natura della causa, lo stato dell'istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l'esperimento della mediazione, che, in questo caso, diventa condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Le principali novità
A CURA DI Marco Marinaro
IL RUOLO DEGLI AVVOCATI Assistenza obbligatoria se è condizione di procedibilità 
Nella nuova mediazione l'assistenza dell'avvocato è obbligatoria sin dal primo incontro. Si tratta di un'innovazione che vale solo nei casi in cui è necessario tentare di trovare un accordo prima di andare in giudizio e che si giustifica per l'alto grado di tecnicismo della procedura e per le sue strette relazioni con il processo civile.
Infatti, anche se il processo è sempre eventuale rispetto alla mediazione, sono numerosi i legami tra le norme sulla mediazione e il processo. La mediazione diviene infatti sempre più una fase pre-processuale quando il procedimento non si conclude con un accordo, mentre resta negoziale l'attività che si svolge in mediazione e l'accordo che eventualmente ne consegue. E le attività svolte in mediazione possono avere ripercussioni sul processo da incardinare in caso di mancato accordo.
La nuova configurazione del procedimento obbligatorio di mediazione può tuttavia consentire alle parti – se ci sono i presupposti – di accedere ai benefici del gratuito patrocinio, previsti dall'articolo 75, comma 1, legge 115/2002.
Inoltre, l'obbligo di assistenza legale non si estende di per sé agli altri sistemi di conciliazione che il legislatore pone come alternativi al tentativo di mediazione nelle materie in cui è condizione di procedibilità. Si tratta della conciliazione presso la camera Consob e del ricorso all'arbitro bancario finanziario per le materie di rispettiva competenza. Le normative speciali che disciplinano i due sistemi non prevedono la necessaria assistenza tecnica; e non si può ritenere che la norma generale (articolo 5, comma 1-bis, Dlgs 28/2010) possa aver inserito anche per queste procedure alternative alla mediazione l'obbligo dell'assistenza legale.

LA COMPETENZA Organismo individuato con il criterio territoriale
La domanda di mediazione deve essere depositata «presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia»: indicazione generica (contenuta nell'articolo 4, comma 1-bis, Dlgs 28/2010) che attende di essere precisata. Inoltre, «in caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all'organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell'istanza».

La contestazione dell'incompetenza territoriale dell'organismo che ha gestito la mediazione condurrà a una declaratoria di improcedibilità del giudizio incardinato. Non sono infatti previsti strumenti per risolvere i contrasti circa la competenza territoriale dell'organismo. Né sarebbe stato possibile creare un percorso di questo tipo, dato che ciò che accade durante la mediazione costituisce attività negoziale e non processuale. Le parti si devono quindi assumere ogni responsabilità sulla corretta individuazione del criterio di competenza territoriale.
Un criterio di competenza territoriale in materia di mediazione è già stato introdotto per le liti condominiali. Dal 18 giugno, infatti, la domanda di mediazione in queste controversie «deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato». Per ragioni di coerenza di sistema, in attesa dei chiarimenti ministeriali, anche per la mediazione obbligatoria, il «luogo del giudice territorialmente competente» può essere individuato nell'ambito del circondario del tribunale.

IL PRIMO INCONTRO Per gli assenti sanzioni processuali e pecuniarie
Il Dl del fare ha regolamentato il «primo incontro» tra le parti e il mediatore, che deve essere fissato entro 30 giorni dal deposito dell'istanza. Durante questo incontro il mediatore deve chiarire alle parti «la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione» e deve poi invitare le parti e i loro avvocati «a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione»: solo dopo avere acquisito la disponibilità di tutti può procedere con la mediazione.

La fase informativa diventa così un passaggio autonomo e fondamentale, finalizzato non solo ad avvicinare le parti alla mediazione, ma anche a rendere evidenti i benefici per le parti che si accordano. Conclusa questa fase, le parti sono chiamate a decidere se proseguire o no la ricerca di un accordo. Questo svolgimento può avvenire nella stessa seduta, dopo la fase informativa.
Sono inoltre state ripristinate le sanzioni previste per la parte che senza giustificato motivo non partecipa alla mediazione. Infatti, il giudice potrà desumere da tale comportamento argomenti di prova nel successivo giudizio in base all'articolo 116, comma 2, del Codice di procedura civile. Inoltre, il giudice condannerà la parte costituita a versare all'entrata del bilancio dello Stato una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio (articolo 8, comma 4-bis, Dlgs 28/2010).
È stato così attenuato il vincolo della mediazione obbligatoria, riducendone anche sensibilmente la gravosità economica, per agevolare la partecipazione al procedimento della parte invitata. È probabile, infatti, che la parte preferirà affrontare un incontro di mediazione a un costo molto ridotto (nel caso di mancato accordo), piuttosto che rischiare le sanzioni per l'ingiustificata partecipazione.

I COSTI Senza accordo tra le parti non spetta il compenso
È destinata ad avere un notevole impatto sulla mediazione obbligatoria e sul futuro della mediazione in Italia la norma che prevede la sostanziale gratuità dell'incontro di mediazione quando si conclude dopo la fase preliminare informativa senza l'accordo e, quindi, a causa dell'indisponibilità delle parti o anche solo di una di esse a procedere nella mediazione.

L'esigenza di attrarre le parti invitate in mediazione – dalle parti che, per esperire la condizione di procedibilità, avviano il procedimento – alleviando anche il peso dell'obbligatorietà preventiva per legge, ha indotto il legislatore a introdurre questa fase preliminare accompagnata dalla previsione di una sostanziale gratuità. Si riversano così sugli organismi di mediazione – ai quali si richiedono professionalità e qualità – i costi del servizio, incluso il compenso per il mediatore.
Occorre precisare che, salvo diverse interpretazioni ministeriali, sembra comunque che le parti debbano pagare le «spese di avvio» del procedimento e le «spese vive», come conteggiate e documentate dall'organismo di mediazione. Infatti, la norma esclude solo il «compenso». Appare quindi coerente ritenere dovute non solo le «spese vive», ma anche le «spese di avvio» (stabilite in misura fissa in 40 euro più Iva per ciascuna parte), dato che «hanno riguardo, più specificamente, alle spese dell'organismo per potere avviare il procedimento di mediazione: ricezione dell'istanza, visione da parte della segreteria, fascicolazione e registrazione, comunicazione all'altra parte dell'inizio della procedura e così via», come ha chiarito dal ministero della Giustizia con la circolare interpretativa del 20 dicembre 2011.

L'ESECUZIONE La firma dei legali supera l'omologa
Oltre all'assistenza alle parti nella mediazione obbligatoria, il più rilevante ruolo dell'avvocato a seguito della riforma emerge alla fine del procedimento, quando si conclude con un accordo conciliativo. Infatti, in base al nuovo articolo 12, comma 1, Dlgs 28/2010, «ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l'accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, l'esecuzione per consegna e rilascio, l'esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico. In tutti gli altri casi l'accordo allegato al verbale è omologato, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale, previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell'ordine pubblico».

L'assistenza dell'avvocato, quindi, non è rilevante solo nel percorso mediativo, ma anche per la redazione dell'accordo e per certificare la sua conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. La norma esige, ai fini di una corretta certificazione, che tutte le parti siano assistite da un avvocato e che tutti gli avvocati attestino e certifichino la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico. L'attività di certificazione deve essere svolta nel momento in cui si raggiunge l'accordo.
In alternativa alla certificazione degli avvocati, quando mancano i requisiti o per scelta delle parti, l'accordo può essere omologato dal presidente del tribunale. In origine si trattava dell'unico percorso possibile per rendere esecutivo l'accordo conciliativo, ma ora, dopo il Dl del fare, resta residuale.

I DIRITTI REALI Sottoscrizione del notaio per trascrivere l'usucapione
Nel periodo di prima applicazione della mediazione obbligatoria in materia di diritti reali la giurisprudenza ha dovuto affrontare alcuni seri problemi interpretativi sulle controversie per usucapione.

Una questione superata dal Dl del fare che ha modificato l'articolo 2643 del Codice civile. Tra gli atti soggetti a trascrizione è stato infatti inserito anche «l'accordo che accerta l'usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato». Sono diventati quindi trascrivibili gli accordi che accertano l'usucapione (non necessariamente stipulati in mediazione), purché le sottoscrizioni siano autenticate da un notaio o da un altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La nuova disposizione è in vigore dal 21 agosto.
In ogni caso, un presupposto essenziale per l'operatività della mediazione è la sussistenza e, quindi, l'attualità di una controversia relativa a diritti disponibili (articolo 2, comma 1, Dlgs 28/2010).
La precisazione si coniuga con la scelta del legislatore in materia di usucapione che consente di evitare usi strumentali della mediazione per stipulare un accordo già raggiunto o che comunque richiede soltanto una formalizzazione necessaria alla trascrizione.
Per cui se le parti non sono in lite per l'accertamento dell'usucapione non è necessario fare ricorso alla mediazione, ma è sufficiente recarsi da un notaio per formalizzare l'accordo già raggiunto. Peraltro, anche se si ricorre alla mediazione non è possibile evitare di rivolgersi a un notaio per la trascrizione dell'accordo stipulato.

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