Una
cattiva notizia per tutti gli appassionati di negoziazione e di mediazione: sabato 25 agosto si è spento, all’età di 90 anni, Roger Fisher, certamente un faro che ha
“illuminato” la via di molti che, anche grazie alla lettura delle sue opere, si
sono avvicinati alla gestione costruttiva dei conflitti.
Co-autore
(insieme a William Ury) del celeberrimo Getting
to yes (1981), tradotto in ben
36 lingue (in italiano con il titolo L’arte
del negoziato) e venduto in milioni di copie in tutto il mondo, dopo aver
combattuto nella II Guerra Mondiale, ha lavorato a Parigi nell’ambito dello
staff del Piano Marshall. In seguito, dopo aver ottenuto la laurea in
Giurisprudenza e esercitato la professione di avvocato, nel 1958 è entrato ad
Harvard, fondando, dopo circa 20 anni, l’Harvard
Negotiation Project.
La sua
biografia narra che abbia iniziato i suoi studi sul conflitto partendo dalla domanda “In una controversia, quale
consiglio si potrebbe dare alle parti, che sia utile e possa portare a
risultati migliori?” che ha sottoposto a tanti riconosciuti negoziatori, in
modo da comprendere cosa li rendeva efficaci. I risultati del suo lavoro sono
stati riportati all’interno di International
mediation: a working guide (1978) che, attraverso successive elaborazioni, è
diventata la sua opera più conosciuta con il titolo, appunto, Getting to yes.
Nel corso
degli anni ’80 e ’90 Fisher e i suoi colleghi di Harvard hanno tenuto centinaia
di corsi sulla negoziazione e la
gestione del conflitti in tutto il mondo, inclusi argomenti specifici, come
processi di pace, situazioni di crisi, negoziazioni diplomatiche, nell’ambito
commerciale e legale, ecc. Fisher era convinto che, nello studio della gestione
dei conflitti, il “contatto con la realtà” (e quindi l’esperienza) fosse fondamentale
per “estrapolare” principi e teorie che fossero utili per la gestione “pratica”
delle controversie.
Fisher ha
continuato la sua attività di ricerca anche negli anni a seguire (ha insegnato a Harvard fino al 1992), cercando di
approfondire il suo pensiero, dando alla luce altre opere lette da milioni di
esperti e tecnici in tutto il mondo: ad es. Getting
Together, scritto con Scott Brown (sulla gestione costruttiva delle
controversie), Getting ready to negotiate,
scritto con Danny Ertel (sulla preparazione alla negoziazione), Beyond Machiavelli, scritto con
Elizabeth Kopelman e Andrea Kupfer Schneider (sugli strumenti per gestire i
conflitti nelle situazioni più difficili), Getting
It Done: How to Lead When You're Not in Charge, scritto con Alan Sharp e
John Richardson (sull’organizzazione dei gruppi in vista di un efficace problem-solving) e Beyond Reason, scritto con Daniel Shapiro (sul ruolo delle emozioni
nelle relazioni interpersonali nei luoghi di lavoro).
Inoltre,
ha fornito la sua consulenza anche nella gestione di controversie, a tutti i
livelli. La più importante resta probabilmente
la partecipazione nello staff del Presidente americano Jimmy Carter durante i
negoziati che hanno portato all’accordo di Camp David (1978). Ma è intervenuto
anche in occasione della crisi degli ostaggi dell’ambasciata di Teheran,
durante la guerra civile in El Salvador, durante la crisi dell’ambasciata di
Lima nel 1997, in occasione del summit del 1985 tra il presidente americano
Ronald Reagan e il leader sovietico Michail Gorbacev e durante il processo di
transizione post-apartheid in Sudafrica.
Chiudo
con due citazioni, che mi piacciono moltissimo. La prima è una frase che usava durante le sue
lezioni “La pace non è un pezzo di carta,
ma un modo per gestire il conflitto quando emerge”. La seconda è di John Kenneth Galbraith, in occasione dell’80°
compleanno di Fisher: “Ogni volta che ho
pensato ‘Qualcuno dovrebbe fare qualcosa riguardo a questo”, mi ha aiutato
sapere che Roger ci stava già lavorando…”.
Riposa in
pace Roger... noi, umili appassionati
di negoziazione di tutto il mondo, speriamo di essere degni dei tuoi preziosi
insegnamenti…
Stefano