lunedì 29 aprile 2013

Articolo sulle Comunità di Pratica


Da AIF Learning news del mese di Marzo 2013 (anno VII - n. 3 - link), uno splendido contributo di Mimmo Lipari sulle Comunità di Pratica.

Riporto di seguito la premessa dell'autore:
Come è noto, il concetto di «comunità di pratica» (CdP) nasce nei primi anni Novanta del ‘900 nell’ambito degli studi sull’apprendistato di Etienne Wenger e di Jean Lave. 

I due autori rovesciano l’assunto consolidato nelle credenze di senso comune secondo cui l’apprendistato si fonderebbe su una relazione speciale tra maestro e  allievo, e mettono in evidenza il fatto che l’apprendimento graduale di una  competenza si basa su un processo sociale di partecipazione ad una pratica che  configura un set di relazioni tra il novizio e gli altri membri del gruppo, tra il novizio e  la pratica, tra il novizio e la cultura del gruppo. 

Da queste prime elaborazioni il concetto di CdP emerge come una teoria sociale e situata dell’apprendimento e nel  tempo si consolida con i successivi lavori di Wenger accreditandosi come uno degli  sviluppi più interessanti delle elaborazioni legate al filone interpretativo che considera  le organizzazioni degli insiemi caratterizzati dalla loro capacità di apprendimento. 

La  prospettiva dell’apprendimento organizzativo, che tra l’altro ha dato impulso a molte  strategie manageriali orientate alla valorizzazione delle conoscenze nelle organizzazioni (ad es.: la «learning organization» e il «knowledge management»),  rappresenta lo scenario di riferimento del discorso sulle CdP. Nelle pagine che seguono proporrò una definizione di CdP basata su quattro presupposti: il primo, che  è alla base dell’intero discorso, riguarda la dimensione dell’apprendere dei soggetti  nelle organizzazioni; il secondo cerca di chiarire la relazione tra processi  programmati e processi concreti d’azione; il terzo presenta la nozione di pratica; il  quarto discute il concetto di comunità.
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Ricordo che l'Associazione Italiana Formatori (AIF) ha attivato nel 2013 diverse CdP; in particolare con la collega Beatrice Lomaglio abbiamo attivato come Direttivo AIF Lazio una CdP specifica sui formatori "professionisti di professionisti" al cui interno ci sono anche diversi formatori sulla mediazione civile e commerciale. Per avere maggiori info sulle comunità, si veda il precedente post

Nel caso siate interessati a partecipare (a questa come alle altre CdP), contattatemi in privato.

venerdì 26 aprile 2013

Creatività 2.0

Da AIF Learning news del mese di Aprile 2013 (anno VII - n. 4 - link), uno splendido contributo sull'intelligenza e la creatività.

L'articolo di Graziano Benfenati, infatti, permette, con grande capacità di sintesi, di cogliere quali siano alcuni interessanti contributi di pensiero che si muovono dietro due elementi fondamentali della mente umana, talvolta presentati anche in termini antitetici.

In generale, è questo il senso dell'articolo, la creatività è da considerarsi come l'elemento per fare il "salto di paradigma", soprattutto in un contesto, quello attuale, in cui i tradizionali modelli di apprendimento ed istruzione sembrano segnare il passo.

Benfenati ricorda alcuni importanti approcci:
- Quello di Ivan Illich: una "rivoluzione" nel campo del sapere, visto che riguarda un approccio personalistico all'apprendimento, anche basato su internet, i social network, in una sorta di "wiki-training";
- Quello di Ken Robinson: ancora poco conosciuto in Italia, che si basa su una evoluzione, che si può sintetizzare come "insegnare con creatività, insegnare la creatività". Il concetto-base è che si deve passare da un approccio "quanto sei intelligente?" a "in che modo lo sei?", mettendo in evidenza il "tipo" di intelligenza prevalente in ognuno di noi.
- Richard Bandler: basato sulla Programmazione neuro-linguistica (PNL).

Un ultimo aspetto interessante è la distinzione tra intelligenza "convergente" (in cui la soluzione ad un problema si cerca all'interno dei suoi parametri - mi viene in mente a tal proposito anche il "pensiero verticale" di Edward De Bono) ed intelligenza divergente (in cui il problema viene "ribaltato" - pensare fuori dagli schemi - molto simile, almeno come concetto, al "pensiero verticale" di De Bono).

In breve un bel contributo per riflettere, in senso lato, su cosa significhi "essere creativi"...

Ricordo che su Ken Robinson, trovate nel mio blog anche questo post di un anno fa (link).

giovedì 25 aprile 2013

La mediazione... radiofonica!

Ogni tanto mi capita di partecipare a qualche bella iniziativa sulla (o intorno alla) mediazione... Così lunedì 22 aprile scorso, sono stato invitato dall'amica (giornalista e scrittrice) Eugenia Romanelli a parlarne nel corso della trasmissione radiofonica Mènage, da lei condotta su Radio Godot.

E' stata davvero una bella esperienza, anche perché, oltre a colloquiare amabilmente (più che altro sembrava di stare in riva al mare a parlare "liberamente" di fronte a un caffè o ad un aperitivo) su tanti temi - la mediazione e non solo, visto che ho parlato anche della mia esperienza come uomo, come padre e come marito - è stata anche l'occasione per conoscere ottime persone ed ottimi professionisti della comunicazione... Colgo l'occasione per ringraziare Lo sciamano e La Leti!

Ora, per quei "pochissimi" che non hanno potuto ascoltare la trasmissione, ne approfitto per riportare il link dove poter ascoltare il podcast... Link.

Ora, sempre a proposito di radio, Vi ricordo inoltre la mia trasmissione radiofonica del martedì sera (dalle 21 alle 22), dal titolo RadiOttanta - sull'onda della musica anni '80 su RadiOltre, dove non parlo di mediazione, ma della mia amata musica anni '80 (tutti i generi, nessuno - o quasi - escluso) e da qui parto per raccontare alcune "storie"... sulle canzoni, gli artisti, la musica e non solo.
Keep in touch!
Stefano
ps Buon 25 aprile a tutti i miei lettori... sono sicuro che, anche se questa ricorrenza a qualcuno potrà sembrare "lontana", in realtà trovo che ci sia sempre bisogno di ricordare questa splendida giornata, che ha un significato particolare per la "nostra" storia... anche se, purtroppo, sarebbero ancora tante le cose (o le persone) di cui ci sarebbe bisogno di "liberarsi"...

lunedì 22 aprile 2013

E' un malinteso... (quantomeno spero solo che lo sia)

Dal volume "Il mondo, che sta nel cinema, che sta nel mondo" (Mimesis, Milano, 2005 - a cura di Francesco Cappa ed Emanuela Mancino), riporto nel mio blog un bello spunto dal saggio "Una provocazione" di Dario Forti (pag. 125) sulla incomprensione e, soprattutto, sulla sua capacità di costituire una base per il dialogo ed il riconoscimento.
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"La psicoanalista argentina Janine Piaget parla del 'malinteso' come della condizione naturale dell'incontrarsi delle persone; nel 'mal intendersi' ciò che conta è che in qualche misura ci si riesca a riconoscere; anche nell'incomprensione e nel conflitto si crea un po' alla volta, magari con fatica e lentezza,  una base comune di conoscenza e di pratica di un metodo; si dà vita a dei mondi contigui, che un po' alla volta possono estendere l'area di sovrapposizione e di comune dominio. L'importante è non pretendere che la visuale sia assolutamente la stessa, che la propria sia quella che offra il panorama migliore, o ritenere che le distanze siano così eccessive che non valga nemmeno la pena di esporsi alla fatica del dialogo interdisciplinare.".

Sinceramente, trovo che sia davvero un peccato che anche all'interno del "nostro" mondo (intendo, della mediazione, che per sua natura dovrebbe essere flessibile ed aperto alle diverse prospettive) ci sia chi, proprio in questi giorni, vuole limitare lo stesso al confronto ed ai contributi diversi dagli usuali ambienti giuridico-economici. 

Mi fa piacere ricordare a tutti che uno degli autori spesso citati a proposito della gestione costruttiva delle controversie, William Ury, è un antropologo...

Photo credits

venerdì 19 aprile 2013

Articolo di Italia Oggi - Nuovo slancio alla mediazione


Da Italia Oggi (19 aprile 2013), un articolo di Tiziana Pompei, vicesegretario generale di Unioncamere.

Il Sistema camerale accoglie con estremo favore la proposta di reintrodurre l’obbligatorietà della mediazione civile e commerciale avanzata dai Saggi nominati dal presidente della repubblica nella loro relazione finale. E per questo è pronto a mettere la propria esperienza a disposizione del paese affinché il ritorno all’obbligatorietà possa essere solido ed efficace, superando quelle resistenze che in passato l’avevano ostacolata.

Perché indubbi sono i vantaggi che l’introduzione della condizione di procedibilità ha prodotto nel nostro ordinamento giuridico prima dello stop della Corte costituzionale. Dati alla mano, secondo quanto riferito dal primo presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, la mediazione obbligatoria ha infatti contribuito a produrre un calo dei procedimenti civili iscritti a fronte di un arretrato che supera i 5 milioni di processi. Stando ai numeri ministeriali, infatti, il decremento registrato del 4,5% della pendenza complessiva dei procedimenti civili di merito (5.388.544 al 30 giugno 2012), deriva non solo dalla significativa diminuzione delle sopravvenienze (-3,7%) ma anche dalla sostanziale tenuta del numero delle definizioni. 

Dal momento in cui a marzo 2011 è stata introdotta l’obbligatorietà della mediazione, nel giro di due anni sono stati quasi 35 mila i procedimenti gestiti dalle camere di commercio e ben 220 mila quelli complessivi gestiti a livello nazionale dai vari Organismi di mediazione. Cifre incoraggianti che dimostrano la validità di questo strumento di risoluzione alternativa delle controversie i cui benefici, in assenza di contromisure, rischiano tuttavia di vanificarsi nel prossimo futuro. 

Dopo la sentenza della Consulta dello scorso dicembre, che ha di fatto eliminato l’obbligatorietà della mediazione, l’attività ha infatti registrato una caduta verticale. Per questo l’ipotesi di un ripristino della condizione di procedibilità trova una sponda favorevole nel Sistema camerale. Ma va pensato tenendo conto dell’esperienza realizzata e dei possibili incentivi sia economici che procedurali. 

Deve essere effettuato per esempio un ragionamento sulle materie oggetto di obbligatorietà. I dati delle camere di commercio hanno riscontrato un maggiore accesso al servizio da parte di utenti con controversie che rientravano nelle tipologie dei diritti reali, della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, della locazione, dei contratti bancari, dei contratti assicurativi, del condominio e del risarcimento danni da responsabilità medica. Ciononostante può essere realizzata una rivalutazione complessiva delle materie, pensando anche a introdurre, in alcuni casi, un collegamento con un tetto economico. Un elemento, quest’ultimo, che potrebbe contribuire al deflazionamento dei tribunali soprattutto nei riguardi di quelle che in Europa vengono definite le small claims. 

Quanto agli incentivi da introdurre in un progetto di legge di revisione delle norme sulla mediazione civile e commerciale, due sono secondo il Sistema camerale le principali direttrici da seguire: incentivi procedurali e economici. 

Dal lato procedurale, per facilitare l’adesione delle parti, si potrebbe prevedere l’introduzione di una Sessione preliminare informativa gratuita, ovvero di una sorta di udienza filtro, che consentirebbe ai contendenti di avvicinarsi allo strumento e valutarne la concreta utilità nel caso specifico. 

Dal lato economico, invece, si dovrebbe agire sugli incentivi fiscali per confermare il credito d’imposta e renderlo effettivamente utilizzabile. Fino a oggi, la complessità delle previsioni contenute nel decreto legislativo n. 28 del 2010 e la mancanza di una disponibilità adeguata di risorse non hanno consentito agli utenti di potersene avvalere. 

Ma non basta. Un ulteriore prezioso incentivo potrebbe essere la riduzione dell’importo del Contributo Unificato per gli utenti che abbiano utilizzato la mediazione ma che non siano arrivati a un accordo positivo. Secondo il Sistema delle camere di commercio inoltre è urgente intervenire sul fronte dei controlli. Affinché quelli operati sui 983 Organismi accreditati al registro ministeriale possano essere effettivi, e non solo documentali, tali da consentire il rispetto dei requisiti di efficienza, serietà, trasparenza e correttezza nell’organizzazione e nell’operato degli stessi Organismi. 

Infatti le attuali previsioni normative, che appaiono più funzionali ad una mediazione obbligatoria e meno vicine ad una mediazione volontaria, non consentono sia di garantire un servizio di qualità sia di assicurare agli Organismi quel minimo di flessibilità necessaria per mettere in luce i vantaggi della mediazione volontaria e incoraggiarne l’utilizzo. L’impianto rigido delle tariffe e dell’approvazione dei regolamenti e dei criteri per la loro determinazione non danno la possibilità agli Organismi di poter realizzare le più adeguate iniziative promozionali per rilanciare il servizio, nell’attesa che le riforme dello strumento e gli interventi per il ripristino dell’obbligatorietà possano concretizzarsi e magari avviare il loro iter parlamentare. 

Tutti temi sui quali il Sistema camerale, forte dell’esperienza ultradecennale maturata nel campo della giustizia alternativa, è pronto a dare il suo contributo nella convinzione che la mediazione possa essere la strada giusta per fornire una risposta tempestiva ed efficace alle esigenze di tutela nei rapporti tra privati senza passare dalle affollate aule dei Tribunali.

giovedì 18 aprile 2013

Formazione, mediazione e futuro: una "prospettiva filosofica?


Dalla relazione del Presidente dell'AIF (Associazione Italiana Formatori) Enzo Spaltro al Consiglio Direttivo Nazionale - Bologna, giovedì 14 giugno 2012 - riporto qualche passo che presenta, a mio avviso, diversi intrecci tra approccio alla formazione e visioni "filosofiche" sulla mediazione (in FOR, n.91 - aprile/giugno 2012, pag. 12).
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"Ucronìa sta nel possibile aumento e sviluppo dell'orizzonte temporale. Sta nel considerare la bellezza come speranza di un benessere futuro (bellessere). [...] Sta nella progressiva riappropriazione del futuro, trasformando la vendetta in perdono, il carcere in scuola, la punizione in apprendimento. [...] Sta nel cambiamento della qualità del potere (inteso come capacità di produrre o impedire un cambiamento) da somma zero a somma variabile, da ripartitivo a generativo, da competitivo a collaborativo. Sta nel passaggio dalla polemologìa o scienza della guerra all'irenologia o scienza della pace. Seguendo l'idea di pace universale di Kant come um-ding, cioè una non cosa, essendo invece la guerra una cosa".

mercoledì 17 aprile 2013

Recensione del film "Prospettive di un delitto"


I formatori che, come me, sono amanti del cinema e ne fanno largo uso nei loro corsi, sanno bene che esistono dei film che hanno una valenza più “simbolica”, ossia che possono essere usati per intero per rappresentare nel suo complesso il tema scelto, ed altri che invece hanno un valore più “letterale”, rispetto ai quali cioè si utilizzano scene - singole o multiple che siano - estrapolate da un contesto generale, il film stesso, che sono tuttavia funzionali al tipo di riflessione che si vuole proporre al gruppo di partecipanti.

Il film “Prospettive di un delitto” (Vantage point, di Pete Travis, con Dennis Quaid, Forest Whitaker, William Hurt, Sigourney Weaver, 90’, USA, 2008, Sony Pictures) risponde sicuramente al primo tipo di utilizzo (simbolico). Infatti la sua visione è consigliata, sia perché ha una trama decisamente originale rispetto agli altri che ho visto sullo stesso tema (un attentato al presidente degli USA), sia perché, nel suo complesso, rappresenta in forma molto efficace le diverse “prospettive” che ognuno dei personaggi vive rispetto all’evento rappresentato (appunto, l’attentato). 

Per cui sarebbe inutile proporre ai partecipanti una scena piuttosto che l’altra (che darebbe solo una chiave di lettura parziale), dato che il “senso” della riflessione sul film (e il suo valore simbolico) si può cogliere solo vedendolo, appunto, per intero. Così, gli oltre 90’ minuti di film rappresentano le specifiche chiavi di lettura (della guardia del corpo del presidente USA - interpretata da Dennis Quaid; del poliziotto spagnolo “tradito” dalla fidanzata; del turista americano con la telecamera che sarà utile per dipanare alcuni dei misteri dell’attentato - interpretato da Forest Whitaker; dello stesso presidente degli Stati Uniti - interpretato da William Hurt; della banda dei terroristi - alcuni insospettabili - che ha organizzato l’attentato) che ognuno dei protagonisti ha rispetto al vissuto e lo spettatore “vive” insieme ai protagonisti oltre che la loro storia anche la sua loro “prospettiva”. 

Tanto è vero che in origine il titolo in italiano del film avrebbe dovuto essere Vantage point - Otto punti di vista, una sola verità. Alla fine il titolo scelto è stato, appunto, Prospettive di un delitto, ma questo non cambia il “senso” della pluralità che lo spettatore coglie e che gli permette di valutare su piani paralleli, ma allo stesso tempo convergenti verso la scena-madre finale, le diverse “storie” che compongono la “Storia”.

E’ evidente quindi che questo film può essere utile per “spiegare”, con un alto valore simbolico, la differenza di prospettiva - cioè i diversi “frammenti” vissuti dai parsonaggi, che convivono con pari valore e pari dignità - e l’empatia e quanto questa possa essere importante nella gestione delle controversie, anche rispetto all’eventuale intervento di un terzo (che magari ha avuto anche la possibilità di mettere ordine e mettere in ordine le diverse “fotografie” della realtà).

Per questo motivo, proprio per il suo valore “simbolico”, considero questo film come necessario nell’ideale cineteca del formatore in negoziazione e in mediazione.


lunedì 15 aprile 2013

Editoriale di Marco Marinaro (da Guida al Diritto)


Da Guida al Diritto (del gruppo de Il Sole 24 ore) n. 16 del 13 aprile 2013.
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Composizione dei conflitti civili e coesione sociale obiettivi da perseguire con gli strumenti alternativi
di Marco Marinaro*

venerdì 12 aprile 2013

Sulla mediazione parole di "saggezza"

Dalla relazione pubblicata oggi dalla Commissione dei dieci saggi parole importanti sulla mediazione (estrapolate dalla parte sulla Giustizia civile).

Le riportiamo di seguito.
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"Per la giustizia civile si propone: a) l’instaurazione effettiva di sistemi alternativi (non giudiziari) di risoluzione delle controversie, specie di minore entità, anche attraverso la previsione di forme obbligatorie di mediazione (non escluse dalla recente pronuncia della Corte costituzionale – sent. n. 272 del 2012 – che ha dichiarato illegittima una disposizione di decreto legislativo che disponeva in questo senso, ma solo per carenza di delega); questi sistemi dovrebbero essere accompagnati da effettivi incentivi per le parti e da adeguate garanzie di competenza, di imparzialità e di controllo degli organi della mediazione.".

Importante mi sembra l'effetto "combinato" tra il riconoscimento della mediazione come condizione di procedibilità e la necessità di accompagnarla con effettivi incentivi per chi partecipa.

giovedì 11 aprile 2013

Dalla teoria alla pratica... quanto è complicato?(!)



Dalla pagina facebook della "Association for Conflict Resolution" (link), questa simpatica vignetta che descrive la difficoltà di trasferire in pratica i concetti della risoluzione delle controversie, soprattutto quando si è in "preda" alle emozioni (come il signore di fianco).

Sicuramente l'"allenamento" (in ogni occasione possibile, nella vita di tutti i giorni) può aiutare...

mercoledì 10 aprile 2013

Essere un formatore nel 21° secolo


La rete regala spesso spunti interessanti... e così navigando navigando mi “imbatto” in questo vademecum che descrive le sfide che, all’alba del nuovo secolo, impegnano il formatore che miri alla piena efficacia in aula.

In generale, la mia impressione è che si possa applicare meno alla formazione per gli adulti; tuttavia ritengo che stimoli comunque interessanti (spero) riflessioni perché mette in evidenza il concetto di “collaborazione”, in un contesto in cui il formatore è sempre meno “docente” (inteso come esperto dei contenuti) che lavora “ad una via” e sempre più “facilitatore" dell’apprendimento (sempre più personalizzato) di ogni singolo partecipante. 

Ossia, dell’esperto dei processi formativi che non fa cadere i contenuti dall’alto, ma lavorando con il gruppo e nel gruppo, offrendo diverse prospettive, responsabilizzando la singola persona nel suo stile e nelle sue dinamiche di apprendimento. Con questa chiave di lettura mi ritrovo molto nella “carta” e trovo che sia calzante anche al tipo di formazione che faccio.

Questa diventa, pertanto, una “mappa” che contiene 27 modi per diventare (o per acquisire consapevolezza?) il formatore che magari qualcuno di noi ha pensato di poter essere.

Come tutti gli schemi esemplificativi è ovviamente un qualcosa da utilizzare come riferimento, fermo restando che non rappresenta (a mio modo di vedere) la Bibbia. Ritengo inoltre che su di essa debba essere fatta una necessaria personalizzazione (e perché no, anche un miglioramento dello schema), secondo una riflessione sul nostro stile, il nostro modo di essere e i nostri punti di forza nella gestione dell’aula. 

Avvertenza finale: non è un test e non vince chi fa più punti... infatti, a mio modo di vedere, la formazione non è una competizione ma, parafrasando la metafora di un mio amico fatta qualche anno fa a proposito della negoziazione, è una splendida “danza” che non sarebbe possibile fare senza il docente ed i partecipanti (tutti, nessuno escluso).

martedì 9 aprile 2013

Mediazione all’interno delle organizzazioni


Da Blog Conciliazione (8 aprile 2013) un post molto interessante di Eugenio Vignali (vedi link) sugli strumenti per la gestione delle controversie all’interno delle organizzazioni. 

Da ex dipendente di una multinazionale mi ci ritrovo in diversi concetti trattati dall’autore ed essi stimolano la mia riflessione sulla “necessità” (per diversi motivi) del recupero della capacità (in azienda) di prevenire le controversie e gestirle, quando insorgono. 

Tuttavia faccio volutamente una provocazione (anzi due...): i manager ed i responsabili di ufficio, unità organizzativa, ecc. sono “pronti” a gestire le persone come un “patrimonio” ed una risorsa per il gruppo e per l’azienda? E le persone sono “pronte” ad essere consapevoli di come anche il singolo possa "fare la differenza”?
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Secondo ricerche pubblicate negli USA, è risultato che circa due terzi  dei problemi di tipo organizzativo nelle aziende derivano non da mancanze nelle capacità o nelle motivazioni individuali, ma da relazioni non ottimali fra i dipendenti, tanto che i manager spendono mediamente un terzo del loro tempo a risolvere i conflitti interni all’organizzazione. Anche per questo motivo, oltre il 90% delle prime mille aziende statunitensi hanno dichiarato di aver fatto ricorso all’intervento di un mediatore per la risoluzione di conflitti interni, con l’obiettivo di migliorare il clima aziendale, risparmiando tempo e risorse. 

Stress,  irritabilità, ansia, alienazione, depressione, burnout, sono solo alcuni degli effetti che il conflitto che si può manifestare ad ogni livello nel luogo di lavoro ha sugli individui. Concretamente, si comincia con la chiusura dei canali comunicativi, con il conseguente blocco dei flussi di informazione e l’emergere di un atteggiamento ostruzionistico, per arrivare ad una reale e concreta difficoltà ad eseguire le proprie mansioni e ad ottenere i risultati perseguiti. I casi più gravi di conflitto possono poi portare al fenomeno del mobbing con i suoi effetti distruttivi sul singolo e sulle dinamiche del gruppo. 

In generale, sulla base della ultradecennale esperienza d’oltreoceano, la mediazione si è rivelata uno strumento molto efficace per il ripristino di un sano clima aziendale e relazionale, attraverso l’introduzione di un procedimento volontario e collaborativo nel quale un terzo soggetto neutrale assiste le parti nella ricerca ed elaborazione di soluzioni che, partendo da elementi sia oggettivi sia soggettivi, contemperino sia i loro reali interessi, sia quelli dell’organizzazione a cui appartengono.

La gestione di tale procedimento può essere incorporata all’interno delle funzioni aziendali, prevedendo uno specifico ruolo nell’organico (usualmente in posizione di staff nell’area della gestione del personale) quale parte del più ampio sviluppo di una cultura aziendale sensibile alla risoluzione dei conflitti interni attraverso strumenti conciliativi e in un’ottica win-win. Ciò comporta la necessità di diffondere fra tutti i dipendenti la conoscenza di strumenti basilari che consentano una prima auto-gestione dei conflitti secondo pochi principi e regole condivisi, per poi ricorrere solo in seconda istanza al responsabile del servizio interno, specificamente formato per assistere le parti quale terzo imparziale e neutrale.

Quando le dimensioni strutturali dell’impresa non consentono di prevedere uno specifico ruolo interno di mediatore delle controversie (come può essere il caso del 95 % delle imprese italiane, che sono sotto i 15 dipendenti) tale funzione può essere delegata ad un professionista esterno, il quale potrà elaborare un progetto di intervento formativo del management e della cultura aziendale,  o, se richiesto, intervenire direttamente a fronte di una particolare situazione creatasi fra due o più soggetti o all’interno di un gruppo di lavoro.

Gli strumenti della mediazione e del conflict management sono particolarmente utili anche nei processi di team-building, nei quali la creazione di un gruppo di persone che condivide una visione e una missione professionale e le motivazioni per perseguirle, deve necessariamente essere supportata dalla capacità dei suoi membri di affrontare e risolvere in modo positivo e costruttivo i conflitti fra di loro. L’azione del mediatore all’interno delle organizzazioni (non solo aziende, ma anche associazioni, ecc.) contiene in sé i valori propri della cosiddetta “giustizia ristorativa” (v. Kidder) che risultano in questo caso particolarmente appropriati ed efficaci in quanto il contesto in cui si opera è quello di una piccola “comunità” con la sua struttura relazionale formale che si sovrappone a quella informale di cui sono portatori i suoi membri.

Pertanto gli aspetti della partecipazione (ovvero il coinvolgimento diretto delle parti ed il ripristino della comunicazione fra di loro), della riparazione (una delle più potenti forme di riparazione sono le scuse) e del reintegro (il reinserimento armonico all’interno del gruppo dopo aver eliminato i fattori di conflitto e riportato equilibrio fra i suoi membri) fanno della mediazione uno strumento sicuramente efficace per risolvere questo tipo di conflitti. 

In pratica l’intervento del mediatore si svolge nelle modalità consuete, dedicando però più tempo all’approfondimento individuale (e separato) degli aspetti soggettivi di ciascuna parte di quanto avvenga normalmente nei caucuses in ambito civilistico-commerciale e magari anche preparando le parti all’incontro con sessioni propedeutiche separate di pre-mediazione (mediation coaching). Non tutte le persone che si trovano in una situazione di conflitto sono infatti pronte per affrontare una mediazione, che, di fatto, si sostanzia in una negoziazione, pur assistita e moderata da un terzo.

Taluni hanno infatti  bisogno di sviluppare alcune abilità personali e (nella mia esperienza) soprattutto di acquisire maggiore chiarezza rispetto alle vere cause del conflitto, ai reali interessi in gioco e alle opzioni alternative. Proprio perché nella maggior parte dei casi gli aspetti prevalenti nei conflitti interni ad un gruppo o ad una organizzazione non sono tanto di tipo oggettivo-quantitativo, ma piuttosto di tipo soggettivo-qualitativo, è necessario che il mediatore amplii il proprio raggio di analisi per includere necessariamente aspetti di ordine psico-emotivo, senza, ovviamente, entrare nel merito di specifiche problematiche personali che devono essere affrontate da ruoli funzionali diversi dal suo.

In conclusione la mediazione all’interno dell’azienda comprende in sé caratteristiche proprie anche del counseling aziendale e persino del coaching, richiedendo al mediatore ulteriori conoscenze e abilità che ne fanno un professionista capace non solamente di aiutare ad elaborare soluzioni pratiche a problemi contingenti, ma di influire profondamente sulla capacità del singolo e dell’intera organizzazione di affrontare anche in futuro simili situazioni di conflitto in modo autonomo e addirittura di prevenirle.

Questo breve accenno alla vasta tematica della mediazione aziendale non include volutamente gli aspetti relativi al rapporto di lavoro fra datore e dipendente, che necessitano di essere trattati separatamente per la delicata e complessa interazione della funzione del mediatore con la normativa sul diritto del lavoro e le recenti riforme in materia.

lunedì 8 aprile 2013

Evento AIF Lazio - La tecnica delle ancore nella gestione dell'aula


Roma, 9 aprile 2013 (h. 15/18) - c/o Centro di Formazione Policlinico Umberto I - Viale Castrense 9 - Roma





Scenario e Contesto
L’Ancora è un termine utilizzato nella Programmazione Neuro Linguistica per descrivere un qualsiasi stimolo che provochi da parte di una persona un modello di risposta coerente. E’ sostanzialmente un ampliamento della teoria del comportamento basato sul concetto di stimolo-risposta.

Focus
L’Ancoraggio è un processo che sta alla base della comunicazione e dell’apprendimento ed è particolarmente utile nella gestione di un gruppo di apprendimento. Per questo motivo diventa uno strumento indispensabile da conoscere ed utilizzare per un professionista che si occupa di incentivare l’apprendimento. Il formatore può infatti utilizzare l’àncora come strumento per gestire e ingenerare stati emotivi desiderati, attivare risorse individuali e di gruppo, fissare concetti ed idee nella memoria a lungo termine di chi ascolta.
In questo seminario interattivo esploreremo le basi teoriche scoprendo come noi tutti associamo spontaneamente elementi diversi mettendoli in relazione tra di loro; osserveremo la struttura delle àncore spaziali, visive e auditive; impareremo a progettare e fissare un’àncora con degli esempi pratici e riconosceremo gli errori che commettiamo creando àncore involontariamente ed inconsapevolmente nella gestione dell’aula.

Relatore

Danilo Carboni, formatore e coach, è consigliere del Direttivo Regionale AIF Lazio e Presidente dell’Associazione IN PRATICA, che racchiude la più grande Community di PNL in Italia attiva dal 2006. Si è formato con i migliori trainer internazionali di PNL e consolidando un’esperienza importante sia teorica che pratica.

Coordinatori: Maria Buccolo, Stefano Cera, Massimiliano Cori

INCONTRO GRATUITO PER I SOCI AIF

PER I NON SOCI è PREVISTA UNA QUOTA DI ADESIONE PARI A € 60,50 (€ 50+IVA)

INFORMAZIONI

ISCRIZIONI

sabato 6 aprile 2013

A conversation with Mukesh Kapila: The Sudan and the prevention of mass atrocities

Condivido la locandina del seminario che si svolgerà martedì 9 aprile (dalle 12,30 alle 14) a Roma Tre - Facoltà di Scienze Politiche.

Parteciperanno:
- Mukesh Kapila, Special Representative for the Trust for the prevention of crimes aganinst humanity, former UN Coordinator for the Sudan.
- Cristiana Carletti, Università Roma Tre.
- Enzo Maria Le Fevre Cervini, Director of Research and Cooperation of the Budapest Centre for the International Prevention of Genocide and Mass Atrocities.

Per chi non potesse il 9, nei prossimi giorni Mukesh Kapila e Enzo Maria Le Fevre Cervini saranno presenti ad altri eventi simili:
- l'8 aprile, alla John Cabot University (ore 19,15) (link).
- il 10 aprile, alla LUISS (ore 11) (link).

Direi che sono eventi da non perdere, per tutti coloro i quali sono interessanti alle vicende del Sudan e dei conflitti in Africa.

venerdì 5 aprile 2013

I bambini la sanno lunga

Tratto da Memo Grandi magazzini culturali (link), condivido questa una splendida citazione... la pragmatica saggezza dei bambini a volte travalica ogni "bel" discorso...

giovedì 4 aprile 2013

Articolo sulla situazione tra Nord e Sud Corea


A proposito di negoziazione internazionale, riporto un interessante articolo da BloGlobal (link) sulle tensioni degli ultimi giorni tra Corea del Nord, Corea del Sud e Stati Uniti. 

Come andrà a finire? L’articolo prospetta diversi scenari e, su di essi, offre interessanti spunti di riflessione...
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Korea Total War? Una partita a scacchi dall’esito prevedibile (o quasi!) (4 aprile 2013)

di Daniele Villaci

C’è un detto asiatico che rimbalza in questi giorni tra i commenti delle principali testate asiatiche circa la crescente tensione nella  penisola coreana: un topo accerchiato da una schiera di gatti affamati è sempre il primo a sferrare l’attacco e a morderli. La saggezza popolare asiatica insegna come l’elemento più debole, trovandosi alle strette di fronte all’impossibilità di una soluzione a lui vantaggiosa, riesca in realtà a sfruttare il momento di tensione per passare all’attacco, anche quando la sua inferiorità rispetto ai “gatti” è così palese da rendere inattuabile una strategia difensiva.

Applicando questo proverbio alla travagliata situazione coreana l’esercizio di attribuzione delle parti è tutt’altro che ostico. Il “topo” in questione non è nient’altro che l’audace nuovo Supremo Leader della Corea del Nord, Kim Jong-Un, che ha conquistato le prime pagine di tutto il mondo a furia di morsi contro i principali “gatti” che mettono alla prova la sua posizione di leader maximo: Corea del Sud, Stati Uniti e da ultimo l’alleato cinese. La situazione è tuttora in via di definizione, ma l’ultimo morso, avvenuto appena poche ore fa, è stato il comunicato diramato dallo Stato Maggiore dell’esercito nordcoreano di un possibile attacco nucleare ai danni di Stati Uniti e Corea del Sud. La risposta di Washington non si è fatta attendere: il Pentagono ha infatti confermato il dispiegamento di un sistema di difesa antimissilistico nella base militare di Guam, nel Pacifico, tra i possibili obiettivi strategici di un attacco nordcoreano.

Di rilevanza maggiore è stata però la minaccia di chiudere il complesso industriale di Kaesong, frutto della cooperazione economica tra i due Paesi e situato a 10 km dalla zona demilitarizzata all’interno del territorio nordcoreano. Pyongyang ha per ora proibito ai lavoratori e ai mezzi sudcoreani di entrare nell’area, dove 123 imprese sudcoreane investono stabilmente da anni, impiegando lavoratori di entrambi i Paesi per una produzione che nel 2012 ha avuto un balzo del 17% raggiungendo i 470 milioni di dollari.

Diversi analisti hanno confermato come l’interesse economico delle due Coree in realtà coincida e sia a favore dello sviluppo dell’area, che produce reddito per 53.000 operai del Nord e permette ai colossi industriali del Sud di usufruire di manodopera a costo ridotto.


Al di là delle minacce e delle ripercussioni diplomatiche di questi ultimi giorni, quindi, gli elementi che emergono dall’analisi della situazione corrente sono sostanzialmente due: il disinteresse con cui la questione viene trattata in Corea del Sud a fronte dell’eccessiva durezza delle minacce della Corea del Nord. Ma andiamo per ordine e il punto di partenza non può che essere Seoul.

La guerra vista da Seoul: meglio il Gangnam Style!

Nella terra destinataria dalle continue minacce di olocausto nucleare di Pyongyang, l’unica notizia che ha veramente destato scalpore nei media e nell’opinione pubblica è stato un lungo articolo pubblicato da Le Monde sul disinteresse crescente nel paese rispetto alle questioni del Nord. L’insensibilità dei Sudcoreani è però diventata col tempo una condizione di assuefazione dovuta a 60 anni di coabitazione nella stessa penisola, in cui minacce non sono mai mancate e che quando sono passati ai fatti, come nel caso del 2010, con l’attacco contro l’isola di Yeonpyeong operato dell’esercito del Nord e la conseguente uccisione di 4 cittadini sudcoreani, hanno avuto come ripercussione solo l’inasprimento delle relazioni e alcuni proclami a favore della guerra anche tra i politici di Seoul.

Attualmente, le preoccupazioni della Corea del Sud sono infatti ben altre. Il Paese è alle prese con una situazione economica allarmante: gli ultimi dati forniti dal Ministero dell’Economia hanno diminuito il target di crescita del 2013, dal 3% al 2.3% e la rivitalizzazione dell’economia è stato il punto centrale della campagna elettorale che ha visto nuovamente trionfare il partito conservatore Saenuri. I principali problemi economici provengono dalla punta di diamante dell’economia coreana e che corrisponde alla metà del suo PIL: l’export. Dal 2012, le esportazioni coreane sono diminuite dell’8,7% in un Paese che si è a lungo battuto in favore di accordi di libero scambio (da ultimo quello con l’Unione Europea). Gli sforzi coreani per promuovere la penetrazione commerciale dei suoi prodotti anche nei mercati più lontani, sono stati tuttavia resi vani dal principale competitor dell’area, il Giappone, che con le ultime manovre espansive, ha favorito il deprezzamento dello yen ai danni del won sudcoreano. Ma i problemi economici non risparmiamo nemmeno il fronte del consumo domestico. La piattaforma programmatica della neoeletta presidente Park Geun-Hye ha posto al centro la “democratizzazione” dell’economia e la creazione di uno stato sociale sul modello europeo (BloGlobal aveva già ampiamente trattato la questione QUI). Un programma di stimolo e di rivitalizzazione come quello promesso allo stato attuale sembra poco fattibile, a fronte di un indebitamento privato che è schizzato a un picco del 164% del reddito disponibile. Lo scoppio della bolla del debito privato è uno dei rischi a cui l’economia coreana potrebbe incorrere nel breve periodo e il nuovo governo è ben consapevole che una guerra con la Corea del Nord causerebbe il dispiego di risorse pubbliche utili invece a risanare l’economia e ad evitare una crisi sul modello spagnolo. Ciò che è interessante notare è la strategia che sembra profilarsi in capo ai vertici del partito Saenuri e alla stessa Presidente Park. L’attuale crisi con Pyongyang potrebbe infatti essere abilmente sfruttata per far convergere l’attenzione nazionale verso un risvegliato patriottismo e lasciare quindi ampio margine di manovra al governo per applicare un pacchetto di riforme drastiche, che interesserebbero questa volta i maggiori chaebols del Paese, i grandi conglomerati industriali come Hyunday e Samsung, colpevoli secondo molti di frenare la crescita e di inglobare la quasi totalità delle risorse del sistema finanziario ai danni di famiglie e piccoli imprenditori. Sebbene al momento si tratti di speculazioni, le ultime prese di posizione della Presidente Park, che non ha escluso l’intervento militare contro la Corea del Nord e una certa reticenza da parte degli esponenti del suo governo nell’affrontare direttamente le questioni economiche, lascerebbero intendere come questa strategia sia già in atto.  D’altra parte, la stessa Park ha più volte ammesso in campagna elettorale di ispirarsi a Margaret Thatcher.

La guerra vista da Pyongyang: una pentola a pressione a chiusura ermetica

Le ragioni dell’escalation di minacce della Corea del Nord sono invece più oscure, anche a causa della difficoltà di reperire informazioni sulla reale situazione interna, così come sulle potenzialità che l’esercito avrebbe per renderle effettive. Le speculazioni sulla reale o meno potenza militare della Corea del Nord sono al momento inutili, se non vi è la comprensione del perché il topo ha deciso che come unica via di fuga alla sua condizione di intrappolamento doveva per forza mordere uno dei gatti.

Sulla reale condizione economica del Paese si è scritto molto e sebbene prevalga la visione di una popolazione allo stremo e di un’economia frustata dalle sanzioni economiche dell’ONU, la mancanza di indicatori ufficiali non permette di saltare a conclusioni ragionevoli. (Per maggiori informazioni vi rimandiamo a quest’articolo).

Le sanzioni, che sono state inasprite lo scorso marzo dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dopo una serie di test nucleari non autorizzati, sono al momento, insieme alle esercitazioni congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, le giustificazioni più plausibili della nuova ribalta nordcoreana. In realtà, Pyongyang aveva già a suo tempo reagito in termini più o meno simili alla decisione delle Nazioni Unite e il giovane Leader Supremo, proprio come in questi giorni, non si era risparmiato nell’illustrare uno scenario apocalittico da Terza Guerra Mondiale. Questa ipotesi accende quindi l’attenzione su un possibile regolamento di conti interno, che vedrebbe un giovane dittatore pronto a rafforzare il risentimento dell’opinione pubblica verso i nemici imperialisti di sempre e affermare così la sualeadership contro l’enorme potere delle gerarchie militari.

Un’ulteriore opzione potrebbe invece derivare dal rapporto complicato tra il Paese e quello che è considerato il suo più solido alleato nonché principale partner commerciale, la Cina; un alleato che però ha spesso assunto un ruolo attivo negli incontri a sei parti sul programma di de-nuclearizzazione nordcoreano, promosso dall’amministrazione Bush.
Da sempre la Cina ha dimostrato di avere tutto l’interesse per mantenere lo status quo nell’area e non ha perso tempo a unirsi al coro di condanna internazionale contro le piazzate distruttive di Kim. Mentre il rebus coreano è visto come un banco di prova per la nuova classe dirigente del Partito Comunista Cinese, un’ulteriore interpretazione vedrebbe nell’escalation di tensione una precisa volontà nordcoreana per testare la propria alleanza con Pechino, in vista di un obiettivo più ambizioso.

L’instabilità attuale sarebbe in realtà frutto di un calcolo razionale e ben preciso: un trattato di pace con gli Stati Uniti che ponga fine all’armistizio del ‘53, un’ipotesi che però gli americani hanno per ora sempre rifiutato di considerare.

Lo scenario dunque che si apre è quello di una Corea del Sud che si appresta a sfruttare l’occasione della tensione con Pyongyang per affrontare importanti riforme sul piano nazionale e un regime nordcoreano pronto a correre nuovi rischi per ottenere qualcosa di ancora indefinito (alleggerimento delle sanzioni? aiuti umanitari?) dai principali attori internazionali. Tutte le opzioni sono al momento valide, ma quello che insegna il proverbio è che il topo non va mai sottovalutato, perché trovandosi alle strette potrebbe diventare ancora più imprevedibile e, per paura di essere sbranato dai “gatti”, correre il rischio di azioni ancora più sconsiderate.

* Daniele Villaci è Dottore in Relazioni Internazionali (Università di Pavia)

mercoledì 3 aprile 2013

Formamediazione - Newsletter 2/2013


Vi propongo i migliori post dei mesi di febbraio e marzo:
Non urlate, o almeno cercate di urlare… piano! Una bella citazione da Gandhi.
Una mia presentazione (video) sui sei cappelli per…mediare! La versione video (su youtube) di una mia presentazione sulla creatività ed i sei cappelli per mediare ("ispirato" da Edward De Bono).

A chi esita… Una poesia di Bertolt Brecht nel "clima" italiano post-elezioni.
Mio articolo su AIF Learning News. Sul seminario "NO .ppt" dell'8 ottobre 2012 per AIF (Ass. Italiana Formatori) Lazio (con Michele Cardone).
La pace… secondo Moni Ovadia. Altra bella citazione, questa volta del grande attore ed autore teatrale Moni Ovadia.

Buon proseguimento insieme, tre le pagine del mio blog…

lunedì 1 aprile 2013

Serena Pasqua (fatta) e Lunedì dell'Angelo!


Un professore, prima di iniziare la sua lezione di filosofia, pose alcuni oggetti davanti a sé, sulla cattedra. Senza dire nulla, quando la lezione iniziò, prese un grosso barattolo di maionese vuoto e lo riempì con delle palline da golf. Domandò quindi ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di si.

 Allora, il professore rovesciò dentro il barattolo una scatola di sassolini, scuotendolo leggermente. I sassolini occuparono gli spazi fra le palline da golf.

Domandò quindi, di nuovo, ai suoi studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero di si. 

Il professore, rovesciò dentro il barattolo una scatola di sabbia. Naturalmente, la sabbia occupò tutti gli spazi liberi.
Egli domandò ancora una volta agli studenti se il barattolo fosse pieno ed essi risposero con un si unanime. 

Il professore tirò fuori da sotto la cattedra una tazzina con un caffè e lo rovesciò dentro il barattolo, riempiendo parte dello spazio fra i granelli di sabbia. Gli studenti risero!



Ora”, disse il professore quando la risata finì, “vorrei che voi consideraste questo barattolo la vostra vita. Le palline da golf sono le cose importanti; la vostra famiglia, i vostri figli, la vostra salute, il nostro Padre che sta nei cieli, i vostri amici e le cose che preferite; cose che se rimanessero dopo che tutto il resto fosse perduto riempirebbero comunque la vostra esistenza”.
“I sassolini sono le altre cose che contano, come il vostro lavoro, la vostra casa, l’automobile. La sabbia è tutto il resto, le piccole cose”.



“Se metteste nel barattolo per prima la sabbia”, continuò, “non resterebbe spazio per i sassolini e per le palline da golf. Lo stesso accade per la vita. Se usate tutto il vostro tempo e la vostra energia per le piccole cose, non vi potrete mai dedicare alle cose che per voi sono veramente importanti. Curatevi delle cose che sono fondamentali per la vostra felicità. Giocate con i vostri figli, tenete sotto controllo la vostra salute. Portate il vostro partner a cena fuori. Giocate altre 18 buche! Fatevi un altro giro sugli sci! C’è sempre tempo per sistemare la casa e per buttare l’immondizia. Dedicatevi prima di tutto alle palline da golf, le cose che contano sul serio. Definite le vostre priorità, tutto il resto è solo sabbia”.

Una studentessa alzò la mano e chiese che cosa rappresentasse il caffè. Il professore sorrise. “Sono contento che tu l’abbia chiesto. Serve solo a dimostrare che per quanto possa sembrare piena la tua vita: c’è sempre spazio per un caffè con un amico”.

Tanti cari auguri per una serena Pasqua a tutti Voi...
Stefano