lunedì 15 aprile 2013

Editoriale di Marco Marinaro (da Guida al Diritto)


Da Guida al Diritto (del gruppo de Il Sole 24 ore) n. 16 del 13 aprile 2013.
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Composizione dei conflitti civili e coesione sociale obiettivi da perseguire con gli strumenti alternativi
di Marco Marinaro*



Il notevole clamore suscitato dall’acceso dibattito sulla mediazione obbligatoria e i suoi epiloghi giudiziari e politici, questi ultimi ancora in divenire, hanno reso trasparente e tangibile un alto tasso di conflittualità tra gli operatori del settore e ancor di più una persistente cultura rimediale nell’approccio agli antichi problemi della giustizia civile italiana. Sono ormai note le strette correlazioni tra l’efficienza del sistema giustizia e l’efficienza del sistema economico. Una giustizia lenta intralcia il corretto funzionamento della concorrenza nel mercato dei prodotti e provoca una perdita di efficienza nell’intero sistema economico.

Questa riflessione rende ancor più singolare la circostanza che la problematica in questione non sia stata al centro del dibattito politico del recente confronto elettorale. Invero, la situazione di crisi economica nel monopolizzare ogni discussione e proposta ha fatto passare in secondo piano i temi della giustizia, e in particolare della giustizia civile, e anche della mediazione dopo la nota pronuncia della Corte costituzionale.

Il dibattito sui temi della mediazione e sulla sua obbligatorietà quale esteso filtro preventivo alla domanda giudiziale svoltosi sino a quel momento, si era caratterizzato spesso da toni molto accesi ed era stato soventemente condotto senza distinguere i diversi piani generano confusione e preoccupazione, con il rischio di disorientare l’opinione pubblica che con difficoltà si stava avvicinando a una riforma legislativa che, tra luci e ombre, aveva aperto la strada alla cultura della conciliazione.

La domanda più frequente che ancora oggi viene posta - dopo alcuni mesi dalla citata declaratoria di incostituzionalità per eccesso di delega della mediazione obbligatoria - riguarda il futuro della mediazione, confondendo lo strumento conciliativo con la previsione della sua obbligatorietà, ma ancor di più il futuro della giustizia civile, ormai allo stremo, le cui sorti sembravano affidate proprio al nuovo procedimento di composizione delle liti civili introdotto dal legislatore con dichiarati intenti deflattivi.

Sollecita una ulteriore riflessione ricordare che nel maggio 2010, l’ufficio studi di Confindustria nell’elaborare un progetto di rilancio nel breve termine del Paese (“Italia 2015”) aveva posto la giustizia civile al secondo posto tra i dieci obiettivi prioritari. E tra le diverse proposte formulate per risolvere le inefficienze del sistema giustizia, si proponeva anche di promuovere l’utilizzo di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie (mediazione, conciliazione, arbitrato). La proposta che proveniva dalle imprese, ma che trovava solidale per vocazione il movimento consumeristico da sempre legato sull’onda europea agli strumenti di A.D.R. quali percorsi utili a consentire un più facile, rapido, economico e, quindi, effettivo accesso alla giustizia, attraverso l’adozione della Direttiva Ue 52/2008, introduceva un ampio e articolato sistema di mediazione per le liti civili e commerciali.

I dati allarmanti sulla durata dei processi civili pubblicati annualmente e che annualmente collocano l’Italia in una posizione a dir poco imbarazzante e la ancora recente riforma legislativa in materia di “mediazione conciliativa”, hanno ottenuto in breve l’effetto di diffondere un grande interesse sui temi della poliedricità degli strumenti per l’accesso alla giustizia o meglio ancora sulla possibilità di affrontare le controversie civili (id est, aventi a oggetto diritti disponibili) seguendo percorsi diversificati e sempre più concretamente adeguati. L’effetto è estremamente importante e può essere valorizzato sia attraverso nuovi percorsi legislativi sia dall’autonomia dei privati.

Il tema dell’efficace funzionamento della giurisdizione civile si accompagna quindi integrandosi, con quello molto più esteso della giustizia civile e delle molteplici opportunità procedimentali che negli spazi dell’autonomia privata possono essere disciplinate per offrire all’utente del sistema giustizia (inteso in senso ampio) un quadro multiforme in grado di apprestare soluzioni utili ed efficaci. La pluralità dei metodi cosiddetti alternativi, e che meglio potranno definirsi “complementari” alla giurisdizione ordinaria per la risoluzione delle controversie civili, costituisce la vera potenzialità di un sistema in rapida evoluzione entro il quale una rinnovata cultura del conflitto consente l’espansione di itinerari condivisi e perciò stesso in grado di creare coesione sociale.

Composizione del conflitto e coesione sociale infatti costituiscono obiettivi da perseguire integrandone logiche e soluzioni, nella consapevolezza che è proprio mediante il perseguimento di soluzioni adeguate dei conflitti che si realizza la pacificazione sociale. Il necessario riequilibrio della domanda di giustizia ha richiesto una profonda revisione strutturale e funzionale dell’offerta di giustizia. In questa prospettiva occorre leggere le radicali trasformazioni che attraverso la mediazione e gli altri sistemi di A.D.R. (si pensi nell’ordinamento italiano, in materia bancaria e finanziaria, all’Arbitro Bancario Finanziario istituito dalla Banca d’Italia, ovvero alla Camera di Conciliazione e Arbitrato istituita dalla Consob che offre non solo la conciliazione ma anche due diverse tipologie di servizi arbitrali, e nella materia consumeristica si pensi alla lunga ed ampia esperienza delle negoziazioni paritetiche) hanno avviato un profondo ripensamento culturale sul tema della giustizia civile.

La crisi del sistema giurisdizionale ha posto in evidenza i problemi di un approccio monopolista, nel quale la migliore soluzione (e per questo anche l’unica) dovrebbe essere apprestata da una giurisdizione per ciò stesso onnivora. L’impossibilità di dare risposte adeguate a una domanda di giustizia sempre crescente anche a causa dell’incapacità di dare risposte efficienti nelle sedi giurisdizionali (la domanda opportunistica costituisce un fenomeno ormai presente e sempre in aumento) ha mostrato i limiti del sistema.

La giustizia, intesa quale risorsa, è limitata. Consegue a questa riflessione una nuova consapevolezza nello studio e nell’approfondimento dei temi della mediazione e più in generale dei metodi di A.D.R. Il diritto alla giustizia diviene privo di effettività se non si percorrono nuove strade per rendere accessibile la giustizia ed efficace il rimedio. Risolvere così i cronici ritardi dei processi civili non può significare ragionare solo in termini di risorse, ma ridefinire i limiti della giurisdizione, di una giurisdizione resa onnivora dalla delega in bianco resa da una società sempre più litigiosa e incapace di ripensare alle soluzioni senza limitarsi a prospettare rimedi e rimedi ai rimedi inefficaci.

La pur importante analisi dei dati statistici spesso accentra l’attenzione sui profili quantitativi delle disfunzioni, lasciando sullo sfondo le molteplici cause endogene ed esogene che riguardano anche la qualità delle controversie. Una riconsiderazione ecologica del rapporto tra giustizia e società, secondo quanto prospettato da autorevoli studiosi, induce ad affrontare i gravi problemi della giustizia analizzandone prioritariamente le cause (tra le variabili esogene si pensi all’assenza di culture solidaristiche della sfera pubblica, ad una marginale interiorizzazione del concetto di legalità ecc.).

Si radica in tal modo stratificandosi la cultura del conflitto in una prospettiva antagonista strutturalmente indirizzata a recidere ma non a conciliare, con effetti profondi in grado di alterare nel lungo periodo anche le dinamiche sociali. Nasce così un nuovo itinerario culturale. Composizione dei conflitti e pacificazione sociale sono obiettivi complementari che richiedono strumenti innovativi capaci di costruire una giustizia condivisa e sostenibile.

* Avvocato cassazionista e docente a contratto di Diritto processuale civile presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università di Napoli Federico II

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