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Composizione dei conflitti civili e coesione
sociale obiettivi da perseguire con gli strumenti alternativi
Il notevole clamore suscitato dall’acceso
dibattito sulla mediazione obbligatoria e i suoi epiloghi giudiziari e
politici, questi ultimi ancora in divenire, hanno reso trasparente e tangibile
un alto tasso di conflittualità tra gli operatori del settore e ancor di più
una persistente cultura rimediale nell’approccio agli antichi problemi della
giustizia civile italiana. Sono ormai note le strette correlazioni tra
l’efficienza del sistema giustizia e l’efficienza del sistema economico. Una
giustizia lenta intralcia il corretto funzionamento della concorrenza nel
mercato dei prodotti e provoca una perdita di efficienza nell’intero sistema
economico.
Questa riflessione rende ancor più singolare la
circostanza che la problematica in questione non sia stata al centro del
dibattito politico del recente confronto elettorale. Invero, la situazione di
crisi economica nel monopolizzare ogni discussione e proposta ha fatto passare in secondo piano i temi della
giustizia, e in particolare della giustizia civile, e anche della mediazione
dopo la nota pronuncia della Corte costituzionale.
Il dibattito sui temi della mediazione e sulla
sua obbligatorietà quale esteso filtro preventivo alla domanda giudiziale
svoltosi sino a quel momento, si era caratterizzato spesso da toni molto accesi
ed era stato soventemente condotto senza distinguere i diversi piani generano
confusione e preoccupazione, con il rischio di disorientare l’opinione pubblica
che con difficoltà si stava avvicinando a una riforma legislativa che, tra luci
e ombre, aveva aperto la strada alla cultura della conciliazione.
La domanda più frequente che ancora oggi viene
posta - dopo alcuni mesi dalla citata declaratoria di incostituzionalità per
eccesso di delega della mediazione obbligatoria - riguarda il futuro della
mediazione, confondendo lo strumento conciliativo con la previsione della sua
obbligatorietà, ma ancor di più il futuro della giustizia civile, ormai allo
stremo, le cui sorti sembravano affidate proprio al nuovo procedimento di
composizione delle liti civili introdotto dal legislatore con dichiarati
intenti deflattivi.
Sollecita una
ulteriore riflessione ricordare che nel maggio 2010, l’ufficio studi di
Confindustria nell’elaborare un progetto di rilancio nel breve termine del
Paese (“Italia 2015”) aveva posto la giustizia civile al secondo posto tra i
dieci obiettivi prioritari. E tra le diverse proposte formulate per risolvere
le inefficienze del sistema giustizia, si proponeva anche di promuovere
l’utilizzo di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie
(mediazione, conciliazione, arbitrato). La proposta che
proveniva dalle imprese, ma che trovava solidale per vocazione il movimento
consumeristico da sempre legato sull’onda europea agli strumenti di A.D.R.
quali percorsi utili a consentire un più facile, rapido, economico e, quindi,
effettivo accesso alla giustizia, attraverso l’adozione della Direttiva Ue
52/2008, introduceva un ampio e articolato sistema di mediazione per le liti
civili e commerciali.
I dati allarmanti
sulla durata dei processi civili pubblicati annualmente e che annualmente
collocano l’Italia in una posizione a dir poco imbarazzante e la ancora recente
riforma legislativa in materia di “mediazione conciliativa”, hanno ottenuto in
breve l’effetto di diffondere un grande interesse sui temi della poliedricità
degli strumenti per l’accesso alla giustizia o meglio ancora sulla possibilità
di affrontare le controversie civili (id est, aventi a oggetto diritti
disponibili) seguendo percorsi diversificati e sempre più concretamente
adeguati. L’effetto è estremamente
importante e può essere valorizzato sia attraverso nuovi percorsi legislativi sia dall’autonomia dei privati.
Il tema dell’efficace funzionamento della
giurisdizione civile si accompagna quindi integrandosi, con quello molto più
esteso della giustizia civile e delle molteplici opportunità procedimentali che
negli spazi dell’autonomia privata possono essere disciplinate per offrire
all’utente del sistema giustizia (inteso in senso ampio) un quadro multiforme
in grado di apprestare soluzioni utili ed efficaci. La pluralità dei metodi cosiddetti alternativi, e
che meglio potranno definirsi “complementari” alla giurisdizione ordinaria per
la risoluzione delle controversie civili, costituisce la vera potenzialità di
un sistema in rapida evoluzione entro il quale una rinnovata cultura del
conflitto consente l’espansione di itinerari condivisi e perciò stesso in grado
di creare coesione sociale.
Composizione del conflitto e coesione sociale
infatti costituiscono obiettivi da perseguire integrandone logiche e soluzioni,
nella consapevolezza che è proprio mediante il perseguimento di soluzioni
adeguate dei conflitti che si realizza la pacificazione sociale. Il necessario riequilibrio della domanda di
giustizia ha richiesto una profonda revisione strutturale e funzionale
dell’offerta di giustizia. In questa prospettiva occorre leggere le radicali
trasformazioni che attraverso la mediazione e gli altri sistemi di A.D.R. (si
pensi nell’ordinamento italiano, in materia bancaria e finanziaria, all’Arbitro
Bancario Finanziario istituito dalla Banca d’Italia, ovvero alla Camera di
Conciliazione e Arbitrato istituita dalla Consob che offre non solo la
conciliazione ma anche due diverse tipologie di servizi arbitrali, e nella
materia consumeristica si pensi alla lunga ed ampia esperienza delle
negoziazioni paritetiche) hanno avviato un profondo ripensamento culturale sul tema
della giustizia civile.
La crisi del sistema giurisdizionale ha posto in
evidenza i problemi di un approccio monopolista, nel quale la migliore
soluzione (e per questo anche l’unica) dovrebbe essere apprestata da una
giurisdizione per ciò stesso onnivora. L’impossibilità di dare risposte
adeguate a una domanda di giustizia sempre crescente anche a causa
dell’incapacità di dare risposte efficienti nelle sedi giurisdizionali (la
domanda opportunistica costituisce un fenomeno ormai presente e sempre in aumento)
ha mostrato i limiti del sistema.
La giustizia, intesa quale risorsa, è limitata.
Consegue a questa riflessione una nuova consapevolezza nello studio e
nell’approfondimento dei temi della mediazione e più in generale dei metodi di
A.D.R. Il diritto alla giustizia diviene privo di effettività se non si
percorrono nuove strade per rendere accessibile la giustizia ed efficace il
rimedio. Risolvere così i cronici ritardi dei processi
civili non può significare ragionare solo in termini di risorse, ma ridefinire
i limiti della giurisdizione, di una giurisdizione resa onnivora dalla delega
in bianco resa da una società sempre più litigiosa e incapace di ripensare alle
soluzioni senza limitarsi a prospettare rimedi e rimedi ai rimedi inefficaci.
La pur importante analisi dei dati statistici
spesso accentra l’attenzione sui profili quantitativi delle disfunzioni,
lasciando sullo sfondo le molteplici cause endogene ed esogene che riguardano
anche la qualità delle controversie. Una riconsiderazione ecologica del
rapporto tra giustizia e società, secondo quanto prospettato da autorevoli
studiosi, induce ad affrontare i gravi problemi della giustizia analizzandone
prioritariamente le cause (tra le variabili esogene si pensi all’assenza di
culture solidaristiche della sfera pubblica, ad una marginale interiorizzazione
del concetto di legalità ecc.).
Si radica in tal modo stratificandosi la cultura
del conflitto in una prospettiva antagonista strutturalmente indirizzata a
recidere ma non a conciliare, con effetti profondi in grado di alterare nel
lungo periodo anche le dinamiche sociali. Nasce così un nuovo itinerario
culturale. Composizione dei conflitti e pacificazione sociale sono obiettivi
complementari che richiedono strumenti innovativi capaci di costruire una
giustizia condivisa e sostenibile.
* Avvocato cassazionista e docente a contratto di Diritto processuale civile presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università di Napoli Federico II
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