Da Annamaria Testa un altro bel contributo sulla
creatività… che conferma quanto ho sempre pensato, ossia che “la creatività
(come, per esempio, la capacità di imparare) è una metacompetenza. In quanto
tale è transdisciplinare e si può esprimere negli ambiti più disparati”.
Buona lettura!
Stefano
Creatività: una sóla. Non una sòla
(Di Annamaria Testa – 9 ottobre 2012 – link)
Commentando il post della scorsa settimana Alfredo
Accatino domanda e chiosa, un po’ per scherzo e un po’ no: “La creatività è una
sola? (nasce così un problema di accenti anche per i lettori romani…)”. Per rispondere al quesito con l’accento acuto (una
sóla) facciamo un passo indietro.
Siamo nel 1957, in piena guerra fredda. I russi
mandano in orbita, a distanza di un mese, lo Sputnik1 e lo Sputnik2. Gli
americani la prendono malissimo: sbalordimento, umiliazione, paranoia e spirito
di rivalsa si mescolano in un cocktail peculiare, che verrà ricordato con il
nome di Sputnik crisis, o Sputnik shock. Al quale l’America reagisce in due
modi: accelera il programma spaziale e dopo soli 84 giorni lancia l’Explorer1.
Mette sotto esame l’intero sistema nazionale dell’educazione, poco efficace e orientato
a premiare il pensiero conformista, e con il National defense education act
decide di investire tanti, ma tanti soldi per sviluppare l’istruzione,
l’innovazione e la creatività.
Così, sull’onda della rivalsa e dei dollari, in una
manciata di anni gli studi e le prospettive riguardanti la creatività si
moltiplicano. Nel 1961 il ricercatore Mel Rhodes pubblica un articolo
intitolato “An analysis of creativity”, che mette ordine tra le decine di
definizioni di “creatività” ormai disponibili, sovrapposte e intrecciate,
dividendole – questa è l’idea forte – in quattro grandi categorie
interconnesse: people, process, places, product. Sono le 4P della creatività.
Mettendo in evidenza che la creatività riguarda
persone con determinati tratti e stili, che attuano un peculiare processo di
ricerca, in contesti tipici, producendo risultati che hanno requisiti
ricorrenti, Rhodes non solo traccia i confini del fenomeno, ma ne mette in
evidenza una caratteristica fondamentale: la creatività (come, per esempio, la
capacità di imparare) è una metacompetenza. In quanto tale è transdisciplinare
e si può esprimere negli ambiti più disparati. Anzi, per dirla tutta, trae
profitto dalla contaminazione tra ambiti diversi. Dunque la creatività è una
sóla, ma si applica ai campi più diversi: arti, scienze, tecnologie, impresa…
Per rispondere al quesito con l’accento grave
balziamo fino agli inizi del secolo scorso. Il matematico francese Henri
Poincaré, nel saggio Scienza e metodo (1906), racconta il proprio processo
creativo. E scrive: “Un risultato nuovo ha valore, se ne ha, nel caso in cui
stabilendo un legame tra elementi noti da tempo, ma fino ad allora sparsi e in
apparenza estranei gli uni agli altri, mette ordine, immediatamente, là dove
sembrava regnare il disordine [...] Inventare consiste proprio nel non
costruire le combinazioni inutili e nel costruire unicamente quelle utili…
Soltanto alcune di esse sono armoniose – utili e belle insieme”.
Poincaré individua così, e in modo limpido, le due
coordinate di base di quanto possiamo definire “creativo”: si tratta di ciò
che, essendo nuovo, è anche utile perché adeguato, funzionale, esatto,
semplice, essenziale (e quindi, in senso matematico, “bello”). Oggi la
definizione di Poincaré è universalmente condivisa dagli studiosi, e tutti
(dall’edizione inglese di Wikipedia alla Harvard business school) convergono
sul fatto che si possa riconoscere come creativo ciò che, essendo nuovo,
risulta appropriato: “utile” in termini economici, estetici, etici…
Insomma: la creatività, per essere tale, non può
essere una sòla (con l’accento grave che a Roma e dintorni indica “fregatura”).
Del fatto che qui da noi la categoria dell’appropriatezza spesso venga
trascurata immagino che torneremo a parlare.
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