Da giorni aspettavo una ispirazione che mi portasse a parlare delle modifiche, ormai imminenti del Sistema-giustizia nel nostro paese… sono rimasto in silenzio ed ho letto vari interventi di colleghi, molti sicuramente riflessivi e stimolanti.
Stamattina, dopo questa lunga elaborazione, nel mio consueto percorso musicale quotidiano, mi “imbatto” dopo tanti anni in uno dei miei brani preferiti, Come si cambia di Fiorella Mannoia (per inciso, una delle “voci” per eccellenza della musica italiana)… ed allora questa ricerca di “ispirazione” finalmente si ferma ed acquista senso compiuto.
Eccola, infatti, la canzone che mi da una chiave di lettura di questo periodo, questa ennesima partenza (?), che porta con se nuove “speranze” (o disillusioni - ancora una volta può essere una diversità di prospettiva…). Speranze che accompagnano queste nuove misure per lanciare, rilanciare, sistemare, risolvere il nostro Sistema-giustizia, ridotto ormai ad una situazione a dir poco “pietosa”.
Mi occupo di mediazione da qualche anno ed all’inizio di questo mio personale percorso pensare al decreto 28 ed a tutto il periodo successivo era una semplice “utopia”… pochi “folli” ed “sognatori” (come mi hanno definito in aula, in una delle mie prime lezioni, ormai quasi 20 anni fa) che cercavano di parlare di qualcosa di diverso, in nome di chissà quale “dogma” che peraltro è tutto tranne che un dogma.
E’ qualcosa che ha a che fare con le relazioni, prima di tutto con se stessi… stare meglio con se stessi per stare meglio con gli altri… e viceversa. Nessuno di noi (mediatori o formatori su questo tema) ha la pretesa di avere una bacchetta magica per risolvere in un attimo ogni problema. Semplicemente, stiamo dicendo (ormai da tanto tempo) che esiste un’altra via - perché un’altra via c’è sempre - per tenere ben stretti i nostri interessi senza imporre, offendere, aggredire il prossimo, ma accogliendo, facilitando ed integrando… controversie, relazioni, persone.
Ora, dopo che si è fatto poco (o nulla) per far partire “davvero” la mediazione (soprattutto quella facoltativa che - a mio avviso - è la vera chiave di volta dello sviluppo di una cultura davvero “consensuale” - sarebbe stucchevole riproporre i vari passaggi che hanno accompagnato la partenza e lo sviluppo della normativa, a partire dal decreto 28 con frenate, più che accelerazioni, che avrebbero steso chiunque), quelle stesse persone (temo le solite note…) dicono che con la negoziazione assistita e l’arbitrato i problemi - finalmente - si risolveranno.
Io, da umile osservatore - degli interessi delle parti più che della normativa - mi limito a rilevare che, visto che si cita il caso francese, forse sarebbe anche il caso di dire che in Francia la negoziazione assistita non è decollata (e questo accade ormai da diversi anni), con pochi, pochissimi casi effettivamente svolti. L’arbitrato ha avuto fino ad oggi numeri molto bassi e, da quel poco che so, ha dei costi notevoli. E poi, dal punto di vista concettuale, resta sempre la “solita” questione, ossia: da chi vogliamo che sia gestito quello che ci accade? Da noi - sulla base dei nostri interessi, o da altri? Io preferisco risolverli da me, i miei problemi. Ma ammetto che magari posso essere uno dei pochi a pensarla così…
Questa è la mediazione, è un approccio alla propria esistenza ed al proprio modo di “intendersi” nel mondo… sentirsi strumento musicale, in mezzo a tanti altri strumenti e cercare di accordarsi, per essere un’orchestra, più che un “solista”. Perchè, come solisti, si può anche essere splendidi, ma si resterà sempre, appunto… solo. E da soli si va poco avanti, questo è poco ma sicuro. Questo mi piacerebbe sentire nei convegni, nei seminari, ogni volta in cui si parla di mediazione.
Ora, leggo dal sito del Ministero (link) che “si vanno quindi definendo forme alternative di risoluzione delle controversie, in primo luogo attraverso il ricorso all’istituto della negoziazione assistita, configurata come complementare e non alternativa alla già avviata mediazione, istituto che, nuovamente reso obbligatorio dal decreto del fare del giugno 2013, sta gradualmente producendo effetti deflattivi significativi. Sempre in un’ottica deflattiva dei carichi di lavoro giudiziario, è previsto poi un ampliamento dell’istituto dell’arbitrato, esteso anche alle cause civili pendenti, sia in primo grado che in grado di appello, che determinerà la ricorribilità a tale istituto in un numero considerevole di cause, anche quelle diverse dalla materia contrattuale e anche nei casi in cui, qualora trattasi di contratti, non è prevista la clausola arbitrale. Con tali interventi si incide quindi su un considerevole numero di cause, favorendo la conciliazione stragiudiziale della controversia, con l’intento di confinare una parte del conflitto anteriormente all’instaurazione del giudizio o in ogni caso, con la traslatio arbitrale, favorendo anche in pendenza di lite il ricorso alla composizione stragiudiziale della lite, con il duplice intento di introdurre un percorso deflattivo che possa concretamente incidere sull’arretrato civile e di contribuire ad innescare una cultura del componimento della lite che sia gestita anche con strumenti diversi dal ricorso all’autorità giudiziaria”.
Grandi speranze, per una nuova partenza (l’ennesima)… io ho solo il timore che, parafrasando Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, “si cambi tutto per non cambiare nulla”. E magari, ristaremo qui tra un paio di anni a parlare di altri strumenti, altre necessità, altre partenze (dopo la mediazione, la mediazione 2.0, la negoziazione assistita 1.0, ecc.)… per una “saga” che continua a proporre capitoli, senza sosta.
Diamo tempo ai risultati di consolidare se stessi ed alle cose che esistono di “vivere”, non solo di funzionare… Perché se è vero che è fondamentale “cambiare”, bisogna sempre vedere quale è la “direzione” del nostro cambiamento, affinché si possa definire miglioramento…
Stefano
ps Questa è la colonna sonora del mio post...
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