martedì 28 febbraio 2012

Obbligo di mediazione come terapia del conflitto?

Da un bel post di Nicola Giudice nel blog della Camera di Commercio di Milano, uno spunto di riflessione a proposito dell'obbligatorietà (tema sempre attuale, che determina, a volte, anche duri confronti tra gli operatori del settore) e dell'impatto che ha nei confronti della "volontà" delle parti che vanno davanti a un mediatore.

Due gli aspetti essenziali:
1) "Dover mediare". Sinteticamente, "il percorso concettuale è esattamente opposto: da 'vado in mediazione e, se va male, in giudizio' al 'vado in giudizio ma, prima, passo dalla mediazione'. Una sorta di tappa da gioco dell’oca, che la parte spesso vive con sofferenza, come una perdita di tempo ed un aggravio di costi".

2) "Poter mediare". In breve, "questa seconda condizione coglie di sorpresa proprio coloro che, 'costretti al tavolo', si accorgono che forse questa sosta, forzata e indesiderata, può diventare la via d’uscita inaspettata da una spirale viziosa e pericolosa". Secondo Nicola Giudice, vista in questo senso, l'obbligatorietà potrebbe essere vista "come una sorta di terapia del conflitto: abituare le parti ad utilizzare la mediazione in modo che possano apprezzarne, con il tempo, i benefici".

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