mercoledì 23 novembre 2011

Da avvocati delle cause perse a mediatori dei procedimenti “accordati”


Chiamatemi pazzo, chiamatemi idealista, chiamatemi romantico… ma sono “fondamentalista” nell’idea che possiamo essere i protagonisti, non le comparse e nemmeno gli “special guest”, della nostra vita, personale e professionale. Per ricordarlo, a me e a chi avrà la pazienza di leggere il mio blog, propongo questa splendida poesia di William Ernest Henley, intitolata “Invictus, citata nello splendido omonimo film dello scorso anno. Mi ricorda molto il concetto di resilienza, ovvero, a mio avviso, una delle più importanti capacità del mediatore.

Testo in italiano:
Dal profondo della notte che mi avvolge
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio qualunque dio esista
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Per la versione in lingua originale, vedi Wikipedia.

Cercare di gestire un conflitto non è facile e capita, a volte, di essere in preda allo scoramento (le pressioni della situazione specifica, ma anche le opposizioni di chi combatte la mediazione non conoscendola o non la vuole non comprendendola)… chissà che in quei momenti la lettura di questa poesia possa dare forza e senso alla nostra “mission”, laddove qualcuno vuol farci credere che abbiamo solo una nostra personale “vision” non aderente alla realtà o, peggio, rispondente solo a logiche da “il gatto e la volpe”. SC 

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