Qualche giorno fa sono stati pubblicati i risultati del lavoro dell’Osservatorio sui conflitti e sulla conciliazione, organizzato a Roma a cura di alcuni Enti promotori, tra cui il Comune, il Tribunale Ordinario, la Provincia di Roma, l’Istituto Regionale di Studi Giuridici del Lazio “Arturo Carlo Jemolo”, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Roma, l’Ordine provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, il Consiglio Notarile di Roma, la Camera di Conciliazione di Roma e Lazio Service.
Il rapporto è focalizzato sulla rilevazione del punto di vista dei cittadini romani sulla mediazione dopo un anno dall’entrata in vigore della c.d. “obbligatorietà” della mediazione per alcune tipologie di controversie rispetto a quattro elementi di riferimento: la conoscenza della nuova legge; la propensione dei cittadini ad affidarsi in caso di conflitto ad una procedura alternativa a quella giudiziale; le figure che, secondo i cittadini, dovrebbero svolgere tale ruolo. Target dell’indagine sono stati i cittadini romani che hanno vissuto situazioni di conflitto (contenziosi) di natura pubblica o privata. Le interviste sono state condotte nel periodo 9-22 dicembre 2011. Nel corso dell’indagine sono state contattate circa 10.000 persone, di cui soltanto il 20%, dichiarando di aver vissuto conflitti, ha partecipato attivamente all’indagine.
Per quanto riguarda le materie, il condominio (34%) e i diritti reali (18%) sono gli ambiti più ricorrenti, seguiti dal risarcimento del danno derivante da veicoli (14%), la locazione, il comodato e l’affitto di aziende (13%) e i contratti assicurativi (7%). Invece, rispetto ai conflitti con gli enti pubblici, prevalgono quelli inerenti trasporti e viabilità (40%), i servizi pubblici locali (28%) e le telecomunicazioni (16%).
Riguardo gli strumenti di risoluzione, il 35% degli intervistati ha fatto ricorso all’autorità giudiziaria o, in alternativa, alla soluzione stragiudiziale (la transazione, nel 25% dei casi). Nel 23% dei casi i conflitti non sono stati risolti.
Il 40% degli intervistati ha dichiarato di conoscere la legge sull’”obbligo” di mediazione e circa il 70% ha sottolineato una certa “propensione” alla risoluzione alternativa delle controversie, ossia (66% di “sì” e 4% di “dipende dai casi”) si è dichiarato favorevole al tentativo di mediazione in caso di situazione di conflitto. Inoltre, tra i possibili strumenti alternativi al ricorso all’autorità giudiziaria vengono menzionati spontaneamente, oltre alla "mediazione" (34%), il "dialogo” (11%) e la “maggiore educazione” (9%), optando nel primo caso per una soluzione di tipo personale e nel secondo caso per una soluzione preventiva, demandata in particolare alla scuola e alla famiglia.
Circa i soggetti di fiducia, il 42% degli intervistati sa che esiste una figura preposta a gestire il procedimento di mediazione e in caso di conflitti si affiderebbe all’"avvocato" (21%), all’“elenco dei mediatori” (9%) o, in generale, a una “figura competente” (9%).
Conclusioni
Il rapporto purtroppo conferma la scarsa conoscenza della legge sulla mediazione come condizione di procedibilità, anche se emerge (forse in maniera sorprendente) l’aspettativa dei cittadini nel credere in una possibilità di percorsi alternativi alla giustizia ordinaria, che possano consentire di raggiungere il risultato di una tutela sostanziale in tempi accettabili. Secondo le note conclusive, “questo è uno dei riscontri più rilevanti ed incoraggianti dell’indagine e segna l’inizio di un cambiamento culturale nella mentalità del nostro Paese e di Roma in particolare”. Io, da persona cauta quale sono, mi limito ad aggiungere… “forse”.
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