Da ItaliaOggi
– 29 ottobre 2012 – pag. 7
Tra i 500
e i 600 milioni di euro. Tanto
vale, secondo gli addetti ai lavori, il totale degli investimenti effettuati in
questi due anni e mezzo nella mediazione obbligatoria da società private,
ordini professionali, camere di commercio: cioè tutti gli attori che hanno
puntato su un sistema ormai crollato sotto la scure della Corte costituzionale,
che ha cancellato l'obbligatorietà di tentare la via stragiudiziale prima di
andare in tribunale (si veda ItaliaOggi del 25 ottobre scorso). Sì, perché con
la mediazione facoltativa lo scenario che si prospetta è un bagno di sangue: ci
saranno più mediatori abilitati che mediazioni. Basti pensare che i
conciliatori sono 40 mila e i procedimenti facoltativi non superano le 20 mila
unità l'anno. Motivo per cui chi ha investito centinaia di migliaia di euro per
creare e avviare strutture che ora non servono più, sta già pensando alle contromosse:
da una possibile class action, a
un'attività di pressione nei confronti della politica per riparare al danno in
via legislativa, a chi invece ha trasformato il proprio organismo in camera
arbitrale. Insomma, nella mediazione facoltativa non ci crede nessuno. Vediamo
perché.
La
mediazione facoltativa. Secondo i
dati della direzione di statistica del ministero della giustizia, quasi l'80%
dei circa 100 mila tentativi di conciliazione avviati nel primo anno di vita
dello strumento era dovuto all'obbligatorietà. Circa il 20% è stato invece di
natura facoltativa. Un dato, quello dello scarso appeal della mediazione come
strumento alternativo di giustizia, confermato dai dati precedenti l'entrata in
vigore del dlgs n. 28/2010, e quindi dell'obbligatorietà. Nel 2009, secondo le
rilevazioni Isdaci, i procedimenti erano stati infatti circa 20 mila. E,
secondo gli esperti del ministero della giustizia, la possibilità che si torni
ai vecchi numeri, eliminata l'obbligatorietà, è la più probabile. La conseguenza
è che la maggior parte dei quasi mille organismi iscritti al registro del
ministero della giustizia scompariranno. E migliaia di mediatori resteranno
senza lavoro.
Gli
scenari. A questo punto decisive,
sulle sorti dell'intero impianto normativo, saranno le motivazioni della Corte
costituzionale. Secondo gli addetti ai lavori, infatti, se l'obbligatorietà è
cancellata solo per un vizio formale di eccesso di delega rispetto all'art. 60
della legge n. 69/2009, dove non è prevista esplicitamente, allora la legge
dovrebbe restare in piedi anche se zoppa del suo pilastro portante. Se invece
verrà rilevata, nell'obbligatorietà della mediazione, una preclusione
all'accesso alla giustizia, allora l'intero impianto potrebbe decadere. In ogni
caso, le decine di migliaia di attori coinvolti si stanno già organizzando per
fare fronte comune. L'ipotesi che circola con più insistenza è quella di una
class action nei confronti dello stato.
Le ultime
statistiche. Dopo un inizio a dir
poco stentato, la mediazione aveva trovato un buon ritmo, in particolare dopo
l'avvio della fase due, ovvero l'entrata in vigore dell'obbligatorietà anche
per condominio e risarcimento danni. L'andamento a regime, da maggio a oggi,
secondo i dati del ministero della giustizia, è pari a circa 20 mila
procedimenti al mese. Contando il fisiologico calo di agosto, quindi, si può
ipotizzare una cifra pari a circa 200 mila mediazioni avviate dal 21 marzo 2011
a oggi. I principali attori in campo sono le camere di commercio, con più di
100 organismi iscritti al registro, gli ordini degli avvocati (115 organismi a
giugno scorso) e quelli dei commercialisti (circa 50), e le restanti 600
società private, che, secondo gli ultimi dati diffusi da Unioncamere, hanno
avuto una crescita esponenziale soprattutto al centro Sud, con Lazio, Campania,
Sicilia che concentrano il 40% dei centri di mediazione. Oggi a rischio
chiusura.
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