Da economiaweb.it (link)
di Nicola Di Molfetta
L'istituto obbligatorio ha evitato che 12mila cause
finissero in Tribunale.
Circa 4mila posti di
lavoro a rischio. Oltre 900 organismi di mediazione e conciliazione destinati
alla chiusura. E un conto da 480 milioni di euro per cittadini e imprese.
La
sentenza con cui il 24 ottobre la Corte Costituzionale ha “bocciato”
l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione previsto dalla legge 28/2010
come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, è deflagrata come
una bomba su un settore che nell’ultimo anno aveva creato occupazione e reddito
contribuendo ad alleggerire in certa misura il carico di lavoro dei Tribunali
italiani.
Le conseguenze della decisione della consulta saranno letali per il
settore che va incontro a un drastico ridimensionamento.
RISULTATI ATTESI E
RAGGIUNTI. Per comprendere gli effetti reali del provvedimento della Corte
Costituzionale si può partire dall’analisi dei risultati raggiunti attraverso
questo istituto. Quando il governo Berlusconi introdusse l’obbligo, l’allora
guardasigilli, Angelino Alfano, indicò in 600mila istanze di mediazione il
target da raggiungere già nel primo anno di vigenza della legge. Alla prova dei
fatti, i risultati sono stati ben diversi. Le istanze proposte, infatti, sono
state poco più di 90mila. Il che significa, che rispetto all’obiettivo, si è
realizzato un risultato inferiore dell’85%.
EVITATI 11.500
CONTENZIOSI IN TRIBUNALE. Detto questo, però, bisogna anche guardare gli
effetti concreti di questo primo anno di applicazione dell’obbligo. Nel 35%
circa delle 90mila istanze sopraindicate c’è stata un’effettiva partecipazione
di entrambe le parti. Il 48% di questo 35%, inoltre, si è risolto con esito
positivo della mediazione. In valore assoluto, questa percentuale corrisponde a
quasi 12mila contenziosi (11.500) che anziché transitare per le aule di
tribunale e galleggiare per 4-5 anni in attesa di una sentenza di primo grado,
hanno trovato soluzione in 50 giorni lavorativi (47 secondo Unioncamere).
LO STATO CI PERDE ALMENO
10 MILIONI. Nel suo “piccolo”, l’attività svolta dagli organismi di conciliazione,
nel primo anno di attività, ha prodotto un giro d’affari diretto stimabile
attorno ai 60-65 milioni di euro. Considerata l’Iva applicata alle transazioni,
si può desumere che il mancato introito per le casse dello Stato, dovuto alla
soppressione dell’obbligatorietà, sia di circa 10 milioni di euro. Ma questo
sarebbe il meno. Infatti, Unioncamere, lo scorso 9 ottobre ha stimato il
risparmio complessivamente realizzato (da cittadini e imprese che hanno usato
questo istituto) in 480 milioni di euro. Insomma, il conto della soppressione
della mediaconciliazione obbligatoria, appare assai salato: mezzo miliardo di
euro e una quantità di almeno 12mila cause che da questo momento in poi
torneranno a ingolfare le cancellerie dei tribunali.
OSTACOLI ALLA
MEDIAZIONE. Certo, in molti, a cominciare dal presidente dell’Oua, Maurizio De
Tilla, hanno sottolineato che l’istituto da questo momento in avanti non è che
venga soppresso. Sarà utilizzabile da lo vorrà. Su base volontaria. Ma per
capire quali siano le potenzialità della mediaconciliazione su base volontaria
è sufficiente guardare quale sia la percentuale di mediazioni attivate volontariamente.
I dati parlano chiaro: meno del 20% (19,7%, fonte ministero della Giustizia).
Quindi è difficile pensare che, senza l’imposizione per legge, ci possa essere
una domanda spontanea dei cittadini e delle imprese per risolvere
stragiudizialmente eventuali controversie.
PARLAMENTO ERUOPEO E
COMMISSIONE: L’OBBLIGO SERVE. In più, a sottolineare l’utilità dell’obbligo
previsto dalla legge italiana erano stati anche il Parlamento europeo (a
settembre 2011) e la Commissione (ad aprile 2012). Il Parlamento aveva
riconosciuto una sorta di anomalia italiana in merito all’obbligatorietà, ma
l’aveva anche assolta come necessaria per smaltire i 6 milioni di cause in
arretrato in sede civile. Sul punto, poi, la Commissione era tornata definendo
la mediazione obbligatoria, misura idonea a perseguire gli obiettivi di
efficienza dell’amministrazione pubblica.
UN AUTOGOL DEGLI
AVVOCATI?
Va detto che tra le ragioni della necessità dell’obbligatorietà c’era anche la
necessità di superare l’ostruzionismo degli avvocati. Non è un caso se prima
del decreto legislativo 28/2010, gli organismi espressione degli ordini fossero
solo 18. Per di più non si può dimenticare che proprio l’Oua, dopo l’entrata in
vigore dell’obbligò si attivò per diffondere tra gli avvocati una sorta di
memorandum su come aggirare l’imposizione prevista dalla legge. Eppure, se si
va a guardare l’identikit dei mediatori italiani elaborato da Unioncamere, si
nota che quasi il 60% proviene dall’avvocatura. Insomma, gli avvocati, che a
livello istituzionale sono stati i primi detrattori della mediaconciliazione
obbligatoria, sul piano individuale si erano rivelati tra i maggiori
beneficiari delle opportunità di lavoro che essa offriva.
Classico esempio di disinformazione e poca conoscenza del diritto.
RispondiEliminaEvidentemente non è un cittadino qualunque con un problema da risolvere ricorrendo alla giustizia che lo ha scritto ma un mediatore sbocciato con il decreto 28.... a dir poco di parte eh !
Vorrei ricordare che la mediazione non è stata abolita ma solo corretta nella sua maggiore distorsione, l'obbligatorietà per il cittadino di cui sopra.
Luigi De Valeri