Ho l’onore
e il piacere di postare nel mio blog un ottimo articolo dell’amico Pietro Elia
pubblicato nei giorni scorsi su Mondo
ADR (link). Buona lettura!
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Il 24
ottobre 2012 non passerà certo agli annali come una giornata memorabile per la
mediazione e il movimento ADR italiano. Infatti, la Consulta ha ritenuto opportuno anticipare la sua
decisione inerente la normativa in tema di mediazione civile e commerciale,
annunciando con un laconico comunicato stampa l’incostituzionalità per eccesso
di delega legislativa del d.lgs. 28/2010 nella parte in cui ha previsto il
carattere obbligatorio della mediazione.
Gli
effetti di questa iniziativa sono stati devastanti sia per chi crede
nell’istituto (che non sono certamente pochi) sia per chi lo avversa. Questi ultimi hanno cantato vittoria strumentalizzando
il comunicato stampa (in alcuni casi si è parlato addirittura di sentenza già
emessa) andando al di là del contenuto dello stesso: dall’eccesso di delega
siamo passati all’abrogazione dell’obbligatorietà sotto il profilo sostanziale,
alla non applicazione delle sanzioni previste in caso di mancata partecipazione
in mediazione e al venir meno addirittura dell’obbligo di informativa da parte
dell’avvocato (ignorando peraltro l’esistenza dell’art. 40 del codice
deontologico forense il quale prevede il medesimo obbligo sia pure
generalizzato).
Tuttavia,
al di là di questo stucchevole teatrino (che dà la percezione o perlomeno il sospetto di un abile regia tesa
a proseguire quella strategia di disinformazione attuata sin dalla nascita del
d.lgs. 28/2010) credo che, in attesa della sospirata sentenza della Consulta,
la via da seguire, oltre quella legislativa, sia quella del dialogo con
l’avvocatura (perlomeno con la parte neutra) per poter trovare un giusto
contemperamento tra cultura della mediazione e cultura legale. Un avvocato con
la a maiuscola e, soprattutto al passo con i tempi, non può non prendere in
considerazione l’uso dei sistemi alternativi.
Neanche
oltreoceano l’affermazione dei sistemi ADR è stata immediatamente
metabolizzata, ma si è reso necessario un fisiologico periodo di
“ambientamento”. Ora, nei Paesi
dove i sistemi alternativi funzionano a pieno regime, con la mediazione quale
strumento principale di ADR, il cittadino decide di fruire di questo “servizio”
al di là dell’obbligatorietà o meno della specifica controversia
(obbligatorietà che ricordiamo non è un unicum italiano).
Negli
Stati Uniti, patria appunto della mediazione, il ricorso a questo istituto ha
conseguito notevoli successi sin dalla fine degli anni ‘70, ed è stato utile a risolvere controversie, non
solo civili o commerciali: dagli Accordi di Camp David del 1979, all’Apartheid
in SudAfrica, per giungere al caso del risarcimento per le vittime della
Virginia Tech University , della marea nera del Golfo del Messico e molti altri
casi ancora di estrema complessità.
Quindi la
storia ed i successi dell’istituto ci dicono che è un mezzo assolutamente
affidabile per la risoluzione delle controversie, ma ovviamente la base imprescindibile per
ottenere risultati di altissimo livello anche in Italia è la professionalità e
quindi l’innalzamento dell’asticella della qualità degli organismi di
mediazione, il che non esclude che allo stato non ve ne siano all’altezza (la
media ponderata nazionale del 48% lo conferma ).
La
professionalità è l’unico biglietto da visita efficace per abbattere la
barriera dello scetticismo e diffidenza sulle potenzialità dell’istituto. Molti avvocati contrari all’istituto affermano di
mediare per natura, ma ci sentiamo di replicare che sarebbe quanto mai
opportuno conoscere la “filosofia della mediazione, dei sistemi adr” al fine di
ottenere degli accordi molto più soddisfacenti per i loro assistiti, imparando
ad analizzare la controversia, non solo in base ai diritti vantati dai propri
clienti, ma soprattutto ai bisogni e gli interessi sottesi ai primi, per
scoprire e toccare con mano le notevoli potenzialità di questo approccio
innovativo al conflitto rispetto ai canonici accordi transattivi.
E’
probabilmente questa la terza via da seguire affinché la mediazione possa finalmente essere percepita come un
opportunità di arricchimento professionale auspicando quindi l’affermazione
dell’ avvocato “multidimensionale” che, formandosi adeguatamente
nell’assistere, e non solo difendere, il proprio cliente, non assumerà solo ed
esclusivamente un atteggiamento avversariale valutando con particolare favor la
possibilità di intraprendere la via premiale dell’accordo anziché quella
sanzionatoria della sentenza.
Mi piace
citare, a questo proposito, uno dei più grandi mediatori americani, l’Avvocato
Eric Galton il quale afferma: ”Io mi considero come un “avvocato guarito”.
Ho amato essere un avvocato e amo, da mediatore, lavorare con gli avvocati.
Sono veramente felice di parlare “giuridichese”, e di comprenderlo. La mia
passata esperienza come avvocato mi ha davvero aiutato a lavorare con gli
avvocati che rappresentano le parti in mediazione. Ma ora riesco ad apprezzare
il conflitto in un senso molto più ampio. Comprendo che ciò che è importante
per le persone non è sempre il risultato di una causa.”
Al di là
dell’attuale contrapposizione, bisogna lavorare per far comprendere che stiamo
andando verso un ‘allargamento ed arricchimento di ruolo, funzioni e occasioni
per l’avvocatura, e non verso una
sottrazione o dimenutio. Al momento siamo come i salmoni controcorrente, ma a
noi piacciono le sfide e guardiamo al futuro della mediazione con ottimismo.
Avv.
Pietro Elia (Formatore – Responsabile Scientifico – Mediatore Professionista)
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