Cercando in rete un video che potesse “rappresentare”
al meglio gli argomenti dei miei prossimi impegni (Tecniche per
parlare in pubblico e Master sulla mia amata mediazione), mi sono “imbattuto”
in un filmato che conoscevo bene ma che, colpevolmente, negli ultimi tempi avevo in qualche modo trascurato. Una di quelle cose che ti fa esclamare a voce alta "Caspita [per la verità non mi è uscito proprio "caspita"... ma "Cribbio" ;)], c'è questo!".
E’ un famoso video di William Ury al TED dell'ottobre 2010 dal titolo “The walk from ‘no’ to ‘yes’”.
E’ splendido e trovo che sintetizzi al meglio entrambe le tematiche di cui mi
sto occupando in questo periodo.
Penso solo alla straordinaria capacità di Ury di parlare in pubblico, nella sua chiarezza,
profondità, grande passione e piena efficacia. Ma è anche uno splendido “ritratto”
della mediazione ed in particolare della posizione del “terzo” e di quello,
poco a grande che sia, che potremmo fare tutti noi per entrare nella "cultura" negoziale.
Un video da vedere, talmente efficace che ne
riporto di seguito anche lo script in italiano. Buona visione o buona lettura, a seconda della scelta che farete...
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Bene,
l'oggetto di un negoziato difficile mi ricorda una delle mie storie preferite
del Medio Oriente quella dell'uomo che lasciò ai suoi 3 figli 17 cammelli. Al primo figlio lasciò la metà dei suoi cammelli;
al secondo figlio, lasciò un terzo dei cammelli; e al figlio più giovane,
lasciò un nono dei cammelli. Bene ci sono tre figli e una negoziazione. ma 17
non si divide per due. Non si divide per tre E nemmeno per nove. L'animo di
fratelli cominciò a scaldarsi. Alla fine, disperati, andarono a consulto da una
vecchia saggia. La vecchia saggia pensò a lungo al problema, alla fine tornò e
disse loro: "Bene non so come aiutarvi, ma se non altro se volete, potete
tenere il mio cammello." Così ebbero 18 cammelli. Il primo figlio se ne
prese la metà - metà di 18 è nove Il secondo prese il suo terzo .. un terzo di
18 è sei Il figlio più giovane prese il suo nono ... un nono di 18 è due. In
tutto 17. Era rimasto un cammello. Che ritornarono alla vecchia saggia.
Ora
pensando alla storia per un attimo mi sembra che assomigli a molte delle
difficili negoziazioni nelle quali ci troviamo. Partono come i 17 cammelli ... non c'è soluzione.
In qualche modo, ciò che dobbiamo fare è un prendere le distanze, come fece la
vecchia saggia, e guardare la situazione con occhi nuovi per trovare il
diciottesimo cammello. Trovare il diciottesimo cammello nei conflitti mondiali
è stata la passione della mia vita. Fondamentalmente vedo l'umanità come quei
tre fratelli; siamo tutti una famiglia. Lo sappiamo scientificamente, grazie
alla rivoluzione delle comunicazioni, tutte le tribù del pianeta, tutte le
15.000 tribù, sono in rapporto l'una con l'altra. E' una grande riunione di
famiglia. E, come in molte riunioni di famiglia, non è tutto rose e fiori. Ci
sono molti disaccordi. E la domanda è: come affrontare le nostre differenze?
Come affrontare le differenze più profonde, data l'umana propensione al
conflitto e alla capacità umana di realizzare armi per enormi distruzioni?
Questa è la domanda.
Ho
impiegato la gran parte di tre decenni... forse quattro girando il mondo,
provando a lavorare, coinvolto in conflitti dalla Jugoslavia al Medio Oriente
alla Cecenia e al Venezuela alcuni dei più difficili conflitti sulla faccia del
pianeta, e mi sono posto questa domanda. E penso di aver trovato, in un certo senso, quale sia il segreto per
la pace. In realtà è sorprendentemente semplice. non è facile ma, è semplice.
Non è nemmeno nuovo. E' uno dei più antichi patrimoni dell'umanità. Il segreto
della pace siamo noi. Siamo noi, col nostro agire nel ruolo di comunità che sta
intorno a un conflitto, che possiamo giocare un ruolo costruttivo.
Lasciate
che vi racconti una storia, un esempio. Circa 20 anni fa ero in Sud Africa, lavoravo con le parti in
conflitto ed ebbi un mese in più che impiegai vivendo con alcuni gruppi di
Boscimani. Mi incuriosivano loro e il loro modo di risolvere i conflitti.
Perché, dopo tutto, a memoria d'uomo loro erano cacciatori e raccoglitori,
vivevano più o meno come vissero i nostri antenati per circa il 99% della
storia dell'umanità. E tutti gli uomini hanno queste frecce avvelenate usate
per cacciare ... assolutamente mortali. Allora come fanno ad accordarsi sulle
loro differenze? Bene, ho imparato che in quelle comunità, ogni volta che gli
animi si scaldano qualcuno prende e nasconde le frecce avvelenate nella
boscaglia, poi si siedono tutti in un cerchio come questo stano seduti e
parlano, parlano. Può essere per due giorni, tre giorni, quattro giorni, ma non
si fermano fino a che trovano la soluzione o meglio ancora, si riconciliano. E
se gli animi sono ancora agitati, mandano qualcuno a visitare i parenti per un
periodo di riflessione.
Bene,
questo sistema probabilmente è il sistema che ci ha permesso di sopravvivere
date le nostre tendenze. Io chiamo
questo sistema la terza posizione. Perché se ci pensate di solito quando
pensiamo ad un conflitto, quando ne parliamo, ci sono sempre due posizioni.
Arabi contro Israeliani, lavoratori contro dirigenti, mariti contro mogli,
Repubblicani contro Democratici, ma ciò che spesso non vediamo è che c'è sempre
una terza posizione. E la terza posizione del conflitto siamo noi, è la
comunità che sta intorno, gli amici, gli alleati i familiari, il vicinato. E
possiamo avere un incredibile ruolo costruttivo. Forse il modo più importante
nel quale la terza posizione può aiutare è di ricordare alle parti che cosa è
veramente in gioco. Nell'interesse dei bambini, nell'interesse delle famiglie
nell'interesse della comunità, nell'interesse del futuro, smettere per un
momento di combattere e iniziare a parlare. Perché il fatto è che quando sei in
un conflitto, è facile perdere la prospettiva. E' molto facile reagire. Gli
esseri umani sono macchine reattive. E come si dice quando si è arrabbiati,
puoi fare i migliori discorsi per poi pentirtene. E così la terza posizione ci
ricorda questo. La terza posizione ci aiuta ad andare al balcone, una metafora
per un cambio di prospettiva, dove possiamo osservare e valutare.
Vi
racconto una breve storia della mia esperienza con i negoziati. Alcuni anni fa,
ero coinvolto come facilitatore in alcuni colloqui molto difficili tra i
leaders della Russia e i leaders della Cecenia. Come sapete erano in guerra. Ci siamo incontrati a
L'Aia nel Palazzo della Pace, nella stessa sala dove era ospitato il tribunale
dei crimini di guerra della Jugoslavia. E i colloqui erano iniziati in modo
molto duro. Quando il vice presidente Ceceno ha iniziato, rivolgendosi ai Russi
ha detto: "Dovreste stare fermi ai vostri posti, perché tra poco sarete
sotto processo per crimini di guerra" E poi continuò e rivolgendosi a me
disse: "Tu sei americano. Guarda ciò che gli americani stanno facendo a
Porto Rico". E la mia mente iniziò a correre: "Porto Rico? Che cosa
so riguardo a Porto Rico?" Stavo per reagire, ma poi mi ricordai di andare
al balcone. E così quando si fermò, e tutti mi guardavano per la risposta,
dalla prospettiva del balcone, riuscii a ringraziarlo per il suo commento e
dissi: "Apprezzo la sua critica al mio paese, che mi fa sentire tra amici
con cui poter parlare sinceramente. E quello per cui siamo qui non è parlare di
Porto Rico o del passato. Siamo qui per vedere se possiamo trovare un modo per
fermare le sofferenze e lo spargimento di sangue in Cecenia." La conversazione
tornò in argomento. Questo è il ruolo della terza posizione, aiutare le parti
ad andare al balcone.
Ora
lasciate che vi porti per un po' in quello che è considerato il più difficile
conflitto al mondo, il conflitto più impossibile. Quello in Medio Oriente. La domanda è: dov'è qui
la terza posizione? Come è possibile andare al balcone? Ora non pretendo di
avere la risposta per il conflitto del Medio Oriente, ma credo di avere il
primo passo, letteralmente un primo passo, qualcosa che ciascuno di noi può
fare come terza-posizione. Lasciate che prima vi faccia una domanda. Quanti di
voi negli ultimi anni si sono trovati ad essere preoccupati per il Medio
Oriente e si sono chiesti che cosa si potesse fare? Tanto per saperlo, quanti
di voi? Bene, la gran parte di voi. E qui, è così lontano. Perché noi prestiamo
tanta attenzione a questo conflitto? E' il numero di morti? Il numero di
persone che muoiono in un conflitto in Africa è centinaia di volte superiore
rispetto al Medio Oriente No, è per via della storia, perché siamo
personalmente coinvolti in questa storia. Se siamo Cristiani, Mussulmani o
Ebrei, religiosi o non religiosi, sentiamo di avere una partecipazione in
questo.
Questione
di storie. Da antropologo lo so.
Le storie sono ciò che usiamo per trasmettere la conoscenza. Danno significato
alle nostre vite. Sono ciò che raccontiamo qui a TED, delle storie. Le storie
sono le chiavi. E dunque la mia domanda è: sì, proviamo a risolvere le
politiche in Medio Oriente, ma proviamo anche a guardare la storia. Cerchiamo
di arrivare alla radice di quello che c'è. Proviamo a vedere se c'è una terza
posizione. Che cosa può significare? Qual'è la storia lì?
Ora, da
antropologi, noi sappiamo che ogni cultura nasce da una storia. Qual è la storia da cui origina il Medio Oriente?
In una frase, è questa: 4.000 anni fa, un uomo e la sua famiglia attraversarono
a piedi il Medio Oriente, e da allora il mondo non fu più lo stesso.
Quell'uomo, ovviamente, era Abramo. E ciò che egli rappresentava era l'unità,
l'unità della famiglia. Egli è il padre di tutti noi. Ma non è solo quello che
rappresentava, bensì il suo messaggio. Il suo messaggio parlava di unità,
interconnessione di tutto e unione di tutto. E il suo valore base era il
rispetto, era la gentilezza verso gli sconosciuti. Per questo è conosciuto, per
la sua ospitalità. Così, in questo senso, rappresenta la terza posizione del
Medio Oriente. Egli ci ricorda che siamo tutti parte di un tutto più grande.
Ora come possiamo ... pensiamoci per un momento.
Oggi
siamo di fronte al flagello del terrorismo. Cos'è il terrorismo? Terrorismo significa prendere uno straniero
innocente e trattarlo come un nemico che uccidi per creare paura. Cos'è il
contrario del terrorismo? E' prendere uno sconosciuto e trattarlo come un amico
e accoglierlo nella tua casa al fine di creare comprensione, rispetto, e amore.
Cos
accadrebbe allora se prendessimo la storia di Abramo, che è la terza posizione
della storia, e se quella potesse essere ... perché Abramo rappresenta
l'ospitalità ... se potesse essere l'antidoto del terrorismo? E se quello fosse il vaccino contro l'intolleranza
religiosa? Come potremmo far rivivere quella storia? Ora, non basta raccontare
una storia ... potente ... la gente ha bisogno di viverla. Ha bisogno di
sentirla sua, la storia. Come si potrebbe fare? E questo era il mio pensiero,
come poterlo fare. E questo è diventato il primo passo. Perché il modo più
semplice di farlo è fare una camminata. Fare una camminata sulle orme di
Abramo. Ripercorrere le orme di Abramo. Perché camminare ha un potere reale.
Per un antropologo, camminare è ciò che ci ha reso esseri umani. E' buffo,
quando camminate, camminate fianco a fianco, nella stessa direzione comune. Ora
se io ti venissi di fronte a questa distanza, ti sentiresti minacciato. Ma se
cammino spalla a spalla anche se ci tocchiamo le spalle, non c'è problema. Chi
combatte mentre cammina? Per questo spesso, nei negoziati, quando le cose si
fanno difficili le persone vanno a camminare nei boschi.
Così mi è
venuta l'idea: perché non ispirare un percorso, una strada, - pensiamo alla via
della seta, al sentiero degli Appalacchi - che segua le orme di Abramo. La gente diceva "E' da pazzi. Non puoi. Non
puoi ripercorrere le orme di Abramo. Troppo pericoloso. Dovrai attraversare
tutti questi confini. Bisogna attraversare 10 diversi pesi del Medio Oriente,
perché li comprende tutti" E così abbiamo studiato l'idea ad Harward. Ci
abbiamo messo tutto l'impegno, e poi qualche anno fa, circa 25 di noi, di 10
diversi paesi, hanno deciso di vedere se si potevano ripercorrere le orme di
Abramo, partendo dalla sua città natale di Urfa nel sud della Turchia, il nord
della Mesopotamia. E poi in parte in autobus e in parte a piedi siamo arrivati
ad Harran, dove, nella Bibbia, egli inizia il suo viaggio. Poi, attraversato il
confine della Siria, siamo arrivati ad Aleppo, che prende il suo nome da
Abramo. Siamo andati a Damasco, che ha condiviso una lunga storia con Abramo.
Siamo arrivati nel nord della Giordania, a Gerusalemme, che è tutta incentrata su
Abramo, a Betlemme, e finalmente al luogo dove è sepolto ad Hebron. Siamo
effettivamente andati dalla culla alla tomba. Abbiamo dimostrato che si poteva
fare. Un viaggio fantastico.
Lasciate
che vi faccia una domanda. Quanti
di voi hanno avuto l'esperienza di essere in un quartiere straniero, o in un
luogo sconosciuto, e uno sconosciuto, un perfetto sconosciuto, ti avvicina e si
dimostra accogliente, magari ti invita nella sua casa, ti offre da bere, ti
serve un caffè, ti dà da mangiare? Quanti di voi hanno mai fatto questa
esperienza? Questa è l'essenza del percorso di Abramo. Ed è questo che si
scopre, andando in questi villaggi del Medio Oriente, dove ci si aspetta
ostilità, e si trova la più incredibile ospitalità, tutta legata ad Abramo.
"Nel nome del padre Abramo, lascia che ti offra del cibo." Così ciò
che abbiamo scoperto è che Abramo, per questi popoli, non è solo il personaggio
di un libro, egli è vivo, è una presenza reale.
E per
farla breve, negli ultimi due anni, migliaia di persone hanno iniziato a
percorrere parti del cammino di Abramo in Medio Oriente, godendo
dell'ospitalità della gente. Hanno
iniziato a camminare in Israele e in Palestina, in Giordania, Turchia, Siria.
E' un'esperienza incredibile. Uomini, donne, giovani e vecchi ... più donne che
uomini, in realtà. Interessante. Per chi non può camminare, per chi non può
venire qui ora, la gente inizia ad organizzare delle marce nelle città, nelle
proprie comunità. A Cincinnati, ad esempio, hanno organizzato una marcia dalla
chiesa alla moschea alla sinagoga e tutti insieme hanno condiviso un pasto
Abramitico. E' stato il giorno del cammino di Abramo. A San Paolo, in Brasile,
è diventato un evento annuale per migliaia di persone che corrono in un
percorso virtuale di Abramo, che unisce le diverse comunità. I media la amano,
la adorano veramente. La coprono di attenzioni perché attira l'attenzione e
diffonde l'idea, questa idea dell'ospitalità di Abramo, di accoglienza verso
gli stranieri. E proprio due settimane fa, c'è stato un servizio della NPR. Il
mese scorso, c'è stato un articolo sul Guardian, sul Manchester Guardian a
questo proposito due intere pagine. Hanno citato l'abitante di un villaggio che
diceva: "Questa camminata ci collega al mondo." Ha detto che è come
una luce che è entrata nelle loro vite. Ci ha portato la speranza. Questo è cio
che rappresenta.
Ma non si
tratta solo di psicologia, è qualcosa di economico, perché quelli che camminano
spendono denaro. E proprio questa
donna, Um Ahmad, è una donna che vive lungo il percorso nella Giordania del
nord. Era disperatamente povera. E' quasi cieca, il marito non lavora, ed ha
sette figli. Ma lei sa cucinare bene. E così ha cominciato a cucinare per i
gruppi di escursionisti che attraversano il villaggio e ora mangiano nella sua
casa. Siedono sul pavimento. Lei non ha nemmeno una tovaglia. Lei prepara cibi
deliziosi con le erbe fresche che raccoglie nei dintorni. E così arrivano
sempre più viandanti. E ultimamente ha cominciato a ricavarne un reddito per
sostenere la famiglia. E così, alla nostra squadra ha detto: "Mi avete
resa visibile in un villaggio dove la gente si vergognava a guardarmi."
Questa è la potenza del percorso di Abramo. Ci sono letteralmente centinaia di
queste comunità in Medio Oriente, lungo il percorso. C'è la potenzialità di
cambiare il gioco. E per cambiare il gioco devi cambiare la cornice, il modo di
vedere le cose ... per cambiare la cornice, da ostilità a ospitalità, da
terrorismo a turismo. E in questo senso, il percorso di Abramo fa cambiare il
gioco.
Vorrei
mostrarvi una cosa. Ho una piccola ghianda qui che ho raccolto mentre percorrevo
la strada all'inizio dell'anno. Ora
la ghianda richiama la quercia, naturalmente... cresce e diventa una quercia,
che è associata ad Abramo. Il percorso è come la ghianda; è solo nella fase
iniziale. Come sarà quando diventerà una quercia? Beh, io ripenso alla mia
infanzia, buona parte della quale, dopo essere nato qui a Chicago, ho trascorso
in Europa. Se tu fossi stato per dire, tra le rovine di Londra nel 1945, o
Berlino, e avessi detto: "Tra 60 anni questa sarà una delle più pacifiche
e ricche parti del pianeta", la gente ti avrebbe considerato un pazzo
"certificato". Ma lo hanno fatto grazie ad una comune identità
...l'Europa, e una comune economia. Ora mi chiedo, se è stato fatto in Europa,
perché non in Medio Oriente? Perché no, grazie ad una comune identità ... che è
la storia di Abramo ... e grazie ad una comune economia che può essere in parte
fatta di turismo?
Fatemi
concludere dicendo che negli ultimi 35 anni ho lavorato in alcuni dei più
pericolosi, difficili e complessi conflitti intorno al mondo, devo ancora
vedere un conflitto che non possa essere trasformato. Non è facile, naturalmente, ma è possibile. Lo è
stato in Sud Africa Lo è stato nell'Irlanda del Nord. Può esserlo ovunque.
Dipende solo da noi. Dipende da noi prendere la terza posizione. Vi invito
allora a considerare la terza posizione anche come un piccolo passo. Come per
una pausa di un momento. Basta andare da qualcuno che viene da una cultura
diversa, un paese diverso, una razza diversa, in qualche modo differente, e
iniziare un dialogo: ascoltatelo. Questo è prendere la terza posizione. Questo
è il percorso di Abramo. Dopo i discorsi di TED, perché non i percorsi di TED?
Permettete
che vi lasci con tre cose. La
prima: il segreto per la pace è la terza posizione. La terza posizione siamo
noi. Ognuno di noi, con un singolo passo, può portare il mondo un passo più
vicino alla pace. Un antico proverbio africano dice: "Quando le ragnatele
si uniscono, possono fermare anche il leone." Se sapremo unire le nostre
reti di pace potremo fermare il leone della guerra.
Molte grazie.
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