venerdì 10 maggio 2013

Articolo da L’Altra pagina - I pericoli delle “etichette”


Da L’Altra Pagina (del 9 maggio 2013 - link), riporto un bell’articolo di Salvatore Primiceri sulla pericolosità delle etichette in tutte le situazioni... l’articolo si riferisce in particolare alla mediazione ed alla “presunta” automaticità delle attitudini e competenze riguardo il ruolo del mediatore.

Potrei citare decine di commenti (favorevoli o contrari, sulle appartenenze di categoria) che ho raccolto durante i corsi ed i vari confronti con colleghi; mi limito a ribadire un mio vecchio “pallino”... se parliamo di iniziative per far crescere la “cultura” della mediazione, dobbiamo ampliare gli ambiti in cui si parla di gestione costruttiva delle controversie. Se invece continuiamo, sulla base di “mere” presunzioni, a considerare la mediazione il “patrimonio riservato” (se non esclusivo) di una, o di poche “categorie” ci sarà uno sviluppo, nella migliore delle ipotesi, “carente”.

Come ha giustamente ricordato un amico su Facebook,  William Ury (non credo abbia bisogno di presentazioni) è un antropologo; di mio aggiungo che molti dei riferimenti dottrinari mondiali sulla gestione costruttiva delle controversie sono scritti da persone che hanno una cultura diversa da quella giuridica.
Buona lettura...
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Sono un Mediatore ma non sono un Avvocato

(di Salvatore Primiceri) - Sono un esperto di musica ma non sono un musicista; sono un esperto di fumetti ma non so tenere in mano una matita; sono un mediatore ma non sono un avvocato… Vi renderete conto che si tratta di affermazioni che contengono un grave errore di fondo. L’esperto di musica o fumetti non c’entra a nulla con il musicista o il fumettista. Egli é un ascoltatore o un lettore. Quindi il suo mestiere potrebbe essere piuttosto quello del giornalista, ad esempio, ma non quello del musicista o del disegnatore.
La formazione dei mestieri in questione é diversa. Per fare il giornalista non imparo a suonare la chitarra, così come non imparo a disegnare Dylan Dog o Topolino.

Così quindi, per fare il mediatore occorre una formazione diversa dall’avvocato. Sono due mestieri totalmente diversi e la facoltà di giurisprudenza, così come é oggi impostata, é parzialmente sufficiente per formare un buon avvocato ma quasi totalmente insufficiente per formare un buon mediatore.

Dire che la mediazione deve essere materia di avvocati significa ripetere l’errore che si fece con l’informatica nei primi anni 80. Veniva fatta insegnare ai docenti di matematica. Qualcuno era infatti convinto che in quanto materia tecnica fosse automatico che l’insegnante di matematica avesse più capacità e facilità nell’insegnare anche l’informatica. Fu un disastro. Gli insegnanti di matematica dovettero mettersi a studiare una nuova materia completamente da capo e, spesso, non riuscivano a insegnarla adeguatamente agli studenti.

Idem con la mediazione. Far svolgere il ruolo di mediatore ad un avvocato, in modo automatico, solo perché questo avrebbe una cultura “predisposta” che si individua nella formazione giuridica, é un’assurdità cosmica. Se un avvocato é anche un bravo mediatore lo si deve alla sua capacità di appassionarsi e studiare due materie e mestieri differenti. Non é automatico che tutti siano capaci di farlo. E’ quindi possibile, anzi molto facile, che i mediatori bravi non siano necessariamente avvocati ma persone che hanno scelto un percorso diverso affrontando approfonditi studi col massimo impegno.

L’equivoco in tutto questo nasce dal fatto che la mediazione é un sistema alternativo al giudizio. Essendo l’anticamera di accesso al sistema giudiziario, ecco che una buona parte di soggetti é convinta che i protagonisti della gestione dei sistemi adr debbano essere gli stessi della fase processualistica. Niente di più sbagliato.

La mediazione é uno spazio a dimensione umana dove persone cercano di porre rimedio ad una controversia usando le proprie capacità di relazionarsi con gli altri. Entrano in gioco capacità comunicative, di ascolto, psicologiche, che necessitano della massima “indipendenza” per poter essere applicate correttamente. Ecco perché un avvocato particolarmente abituato alle aule giudiziarie potrebbe male adattarsi al ruolo di “facilitatore del consenso”, richiesto ai mediatori professionisti.

D’altronde, ricordiamo ancora una volta, che é stato uno stesso tribunale ad affermare chel’avvocato é uomo di parte e il mediatore é uomo di pace. Ruoli diversi, mestieri diversi e ambiti di applicazione diversi obbligano ad una formazione che può avere sì punti in comune ma deve essere necessariamente diversificata. Il dibattito é aperto.

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