giovedì 8 dicembre 2011

“La mediazione civile e commerciale: giustizia alternativa o alternativa alla giustizia?”

Questo è il titolo della relazione di Giovanni Maria Flick (Presidente emerito della Corte Costituzionale) durante il recente Salone della Giustizia, svoltosi alla Fiera di Roma dal 1° al 4 dicembre. Una relazione a mio avviso molto equilibrata in cui affronta molti dei temi “caldi” sulla mediazione, dalla questione dell’obbligatorietà a quella riguardante le competenze del mediatore.
Riporto in sintesi le principali conclusioni.

I modelli di riferimento per il D. Lgs. 28/2010
Innanzitutto la Direttiva 2008/52/CE (su cui l’adeguamento del 28 è da considerarsi “necessario”). Poi la conciliazione di estrazione lavoristica (così come sottolineato dalla stessa relazione illustrativa del 28), anche se, secondo Flick, questa presenta alcune peculiarità che non consentono di farne lo schema-guidare la migliore lettura del sistema vigente. Per l’ex Ministro sono invece preferibili altri modelli di riferimento, ad es. il sistema camerale e quello societario che hanno segnato il percorso della conciliazione “amministrata”, ripreso, implementato, consolidato e generalizzato dal sistema previsto dal D. Lgs. 28.

Opportunità di “aprire” il sistema
Flick è scettico sulla scelta legislativa di aprire le porte della mediazione ad organismi pubblici e privati diversi da quelli societari o camerali e da quelli facenti capo ad ordini professionali. La sua opinione è che sarebbe stato preferibile iniziare a lavorare con gli organismi esistenti, “senza lasciare che il mercato si ingolfasse della pluralità di organismi attualmente accreditati”, soprattutto per “testare” il sistema e verificare le capacità di assorbimento delle domande di mediazione da parte degli organismi già esistenti, aggiungendo gli organismi presso i tribunali e presso gli ordini professionali.

Conformità alla Costituzione del modello conciliativo
Flick sottolinea che la Consulta si era già occupata in passato dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione e l’orientamento consolidato è stato che questa non contrasta con i principi costituzionali, a condizione che ciò non impedisca o renda eccessivamente difficoltoso l’accesso alla giustizia. Secondo Flick la linea segnata dalla Corte è che (salvo inversioni di rotta) la condizione di procedibilità non contrasta con l’art. 24 della Costituzione poiché l’accesso alla via giudiziale non risulta pregiudicata, bensì al limite solo ritardata. Semmai le disposizioni del decreto delegato rischiano di confliggere con i precetti costituzionali sotto il profilo della violazione dell’art. 3, poiché sorge il dubbio che il legislatore abbia discriminato tra materie assoggettate alla condizione di procedibilità e materie ad essa sottratte senza un criterio equanime. Per evitare questo rischio, secondo Flick, sarebbe stato forse meglio estendere l’obbligatorietà a tutta la materia civile e commerciale (!), anche se ciò avrebbe probabilmente significato un impatto ancora più violento rispetto a quello attuale. Inoltre, esiste il rischio che possano scontrarsi con la Costituzione quei profili del 28 che impongono un sistema sanzionatorio a carico delle parti che non hanno accettato proposte in sede di mediazione.

Competenze del mediatore
Su questo tema Flick non ha dubbi: “il mediatore può ben essere un soggetto non dotato di formazione giuridica, perché non è suo compito quello di decidere una controversia”. C’è bisogno di aggiungere altro?

A che serve la mediazione?
Secondo l’ex Ministro di Grazia e Giustizia per superare le ostilità alla mediazione è fondamentale individuare le sue vere funzionalità. In questo senso l’obiettivo di deflazionare il contenzioso è certamente importante ma non può essere prioritario rispetto ad altri. Infatti se l’accordo di conciliazione viene vissuto dalle parti come il “male minore” rispetto ai risultati eventuali di un processo, le parti non saranno incentivate a cercare un vero accordo. Ecco perché vanno recuperate e amplificate agli occhi dell’opinione pubblica le funzioni “positive” della mediazione.

Conclusioni
“In un tempo in cui vanno valorizzate le prassi virtuose, in cui le riforme migliori non sono quelle che muovono dall’alto, ma quelle che coinvolgono tutti ad ogni livello e dimensione del sociale, non vedo perché non guardare al nuovo modello conciliativo in una prospettiva ottimistica. ‘Serve?’: i delatori della mediazione non esitano a dire di no. Io credo invece di sì, quale espressione del ‘sociale’ a metà strada tra Stato ed autonomia privata”.

Link alla relazione

1 commento:

  1. L'affermazione per cui il mediatore secondo Flick può essere un soggetto non dotato di formazione giuridica si commenta da sola come anche quella per cui l'attuale versione della mediaconciliazione non contrasterebbe con l'art. 24 della Cost.
    Il colmo poi si raggiunge quando afferma che sarebbe stato meglio estendere l'obbligatorietà a tutta la materia civile e commerciale.

    RispondiElimina