martedì 3 luglio 2012

I sei errori del negoziatore



Proponiamo di seguito l’abstract dell’articolo di Caterina Rinaldi “Negoziazione e mediazione, strumenti ADR a confronto” pubblicato su “Diritto 24” de “Il Sole24ore”.

Il termine negoziazione deriva dal latino nec otium, ossia ”negazione dell’ozio” e può trovare definizione nel “complesso di trattative che precedono la stipulazione di un accordo, di un contratto, di un patto” (Dizionario Treccani). Risulta evidente che, nella negoziazione, le parti in contrasto, o con interessi confliggenti, gestiscono direttamente la trattativa per la risoluzione della controversia e il processo decisionale è affidato ad esse in via esclusiva e senza l’intervento di terzi (il “terzo neutrale”) con il conseguente massimo controllo sulla procedura e sul risultato. Le insidie, tuttavia, sono molte. Molto spesso, anche i negoziatori più esperti possono danneggiare le relazioni lasciando che la controversia assuma dimensioni spropositate oppure che la soluzione trovata non sia consona alla massimizzazione del risultato.

Il professor James K. Sebenius (“The Six Habits of Merely Effective Negotiators”, Harvard Business Review, Aprile 2001) individua sei errori piuttosto comuni che impediscono di gestire al meglio una negoziazione:
1 trascurare i problemi della controparte
2 lasciare che l’interesse economico sovrasti gli altri interessi
3 focalizzare l’attenzione sulle posizioni invece che sugli interessi,
4 insistere nel cercare una base comune
5 ignorare le migliori alternative all’accordo negoziato (MANN)
6 non riconoscere percezioni soggettive (pregiudizi di ruolo) ed errori di attribuzione (valutazione della controparte)

L’intervento di un terzo neutrale, che entra in gioco nella procedura di mediazione, consente di superare gran parte degli ostacoli sopra evidenziati e di spostare la naturale predisposizione al negoziato competitivo verso il negoziato collaborativo.

Da numerosi studi realizzati dal Program on Negotiation della Harvard Law School, emerge con evidenza che spesso la negoziazione porta ad un accordo, ma ancora più spesso l’accordo non porta alla massimizzazione del risultato ottenibile proprio perché si riscontra una difficoltà nello scambio di informazioni rilevanti sui reali interessi delle parti. E’ interessante soffermarsi ad esaminare anche il caso in cui la negoziazione non porti ad un accordo soddisfacente ed il disaccordo negoziale conduca al possibile avvio di un’azione legale. Tuttavia, proprio il rischio di avvio di un contenzioso, con relativi costi e tempi non certo favorevoli all’economicità complessiva dell’accordo, potrebbe rappresentare l’incentivo alla ricerca di soluzioni negoziate alle liti, soprattutto nel settore business to business.

In conclusione, si può ritenere che la mediazione può essere valutata come un potenziamento delle capacità negoziali delle parti, che hanno così l’opportunità, con l’intervento del terzo imparziale, di guardare oltre la lite e di individuare nuovi elementi, in termini di informazioni, di bisogni, di interessi e di soluzioni, che possano consentire l’apertura di nuovi canali di comunicazione, una ripresa delle relazioni e, auspicabilmente una loro prosecuzione nel tempo, grazie ad un accordo vantaggioso per tutti gli interessati.

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