“Ospito”
nel mio blog questo bel contributo dell’amica e collega Carola Colombo. Buona
lettura!
Stefano
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Nei 10 anni di
“dedizione” nei confronti della mediazione, non ricordo un altro periodo così
concitato come le ultime tre settimane. Nemmeno quando si attendeva la
pubblicazione del decreto legislativo 28. Ci agitiamo, spaventati, al cospetto
di qualcosa più grande di noi che siamo tanti, sì, anzi “tantini”… ma così
giovani da non sapere ancora come gira il mondo. E gli squali ci sbranano.
Quando sta per
avvenire un cambiamento ma si ignora di che tipo e di che portata, non guasta immaginare
i possibili scenari che si profilano, concentrandosi su quelli peggiori per
potersi attrezzare adeguatamente. Diceva il mio dominus presso
cui ho fatto la pratica da commercialista: “se viene introdotta una legge più
restrittiva, non ha senso imprecare. Se piove si apre l’ombrello”. In effetti,
imprecare molto non ripara dalla pioggia….
Lo scenario peggiore
che mi sono immaginata è il ritorno a febbraio 2011 (potremmo anche dire al 3 marzo 2010).
La mediazione indossa l’abito che meglio valorizza la sua figura: la volontarietà.
Certo è un abito poco pratico, in pochi lo apprezzano. Non segue la moda, è
all’avanguardia e allo stesso tempo un po’ vintage. E non si
capisce bene in quali occasioni vada indossato. Quindi, nel dubbio, lo si
indossa pochissimo.
Il mediatore, come un artista
sensibile catapultato nella Metropolis di Fritz Lang, vorrebbe
proporsi, vorrebbe spiegare come lavora e come il suo lavoro può essere utile.
Ma nessuno si ferma ad ascoltare. Perché forse non sa trovare le parole per
spiegare. Queste parole, però, dovremo proprio trovarle se vogliamo avere un
futuro; magari meno “scoppiettante” di quello che si era prospettato fino a
qualche settimana fa, ma non per questo meno soddisfacente.
Nel cercarle, mi sono immaginata
questo:
Scena uno
Avvocato: “Vabbè,
facciamola ‘sta mediazione, tanto noi siamo certi delle nostre ragioni. I
documenti sono chiarissimi. Provi a guardarli e li metta a confronto con quelli
della controparte. Vinciamo di sicuro!”
Mediatore: “Si beh sa, in
mediazione più che cercare ragioni e torti, si cercano gli interessi delle
parti. Più che il “giusto”, proviamo a trovare il “meglio”. Il mediatore non è
né un giudice né un arbitro; è un facilitatore”
Avvocato: “Si certo, lo so
benissimo….” cerca di darsi un tono come chi sa perfettamente di cosa si sta
parlando. Ma i suoi occhi non riescono a nascondere il cocktail di insofferenza
per le parole ascoltate, di irritazione per il tempo che sta perdendo e di rassegnazione
perché si sa, siamo in Italia…., il tutto shakerato da un interrogativo: che
accidenti significa “facilitatore”?
Scena due
Avvocato: “…. e dato che
noi abbiamo già formulato un paio di proposte che controparte non ha accettato,
riteniamo inutile partecipare alla mediazione”
Mediatore: “Beh, d’altra
parte, se le avessero accettate non ci sarebbe bisogno della mediazione. Che ne
dice?”
Avvocato: “Si ma è
evidente che non hanno nessuna intenzione di conciliare, altrimenti si
sarebbero mostrati più disponibili di come hanno fatto”
Mediatore: “Ehm, è
piuttosto raro che le parti arrivino in mediazione già convinte di voler
mediare. È solitamente il contrario. È per questo che serve l’intervento del
mediatore che ha un ruolo di facilitatore nella generazione del processo
negoziale…”
Avvocato: “Uhm….” mentre
sotto il suo viso scorrono i seguenti sottotitoli: che potrà mai fare
questo che non abbia già fatto io…?”
E chissà quante altre
scene simili a queste si sono verificate.
A questo punto il
mediatore dovrebbe spiegare il significato di “facilitatore”, a chi mai
ammetterebbe di non avere idea di che cosa si sta parlando… Il vocabolo è
praticamente introvabile sui dizionari della lingua italiana; quindi dobbiamo
spiegare qualcosa che per l’uomo della strada non esiste e, possibilmente,
senza essere eccessivamente tecnici o didascalici, senza banalizzarlo o peggio
senza cadere nel ridicolo.
Un giudice giudica, un
avvocato difende, un architetto progetta, un commesso vende, un insegnante insegna, un
corriere trasporta. E un mediatore? Media? Nooooo, ce l’hanno spiegato in tutti
i modi: non è lui che media. Sono le parti a farlo con il suo aiuto. Di
facilitatore. Quindi???? (non vi ricorda la canzoncina della Zecchino D’Oro: “Il
coccodrillo come fa? Non c’è nessuno che lo sa…”).
L’identificazione
precisa di cosa fa il mediatore non è cosa di poco conto. Certo non mi sto
riferendo ai mediatori che si suppone (e si spera!!!) sappiano cosa fanno (o
dovrebbero fare…). Mi sto riferendo all’utenza che può chiedere il suo
intervento solo se ha chiaro che tipo di aiuto può ricevere da lui.
Se mi fratturo un
piede l’ortopedico me lo ingessa, se mi si rompe una tubatura un idraulico la
ripara, se si blocca l’auto il meccanico l’aggiusta, se litigo con qualcuno il
giudice mi dice se ho ragione…. Ma perché dovrei andare dal mediatore?
Davanti agli avvocati
scettici e ai loro clienti perplessi, come posso spiegare cosa faccio durante una
mediazione? Si dice che non sai davvero una cosa se non sei in grado di
spiegarla ad un bambino…
E allora partiamo da
lì,
da come spiegherei il mio lavoro ad un bambino, da come ho spiegato il mio
lavoro a mio figlio. “Che sia la causa o che sia l’effetto, quando due persone
litigano, smettono di comunicare: non solo non sanno più trovare le parole per
dirsi le cose importanti, ma non sono nemmeno più in condizione di ascoltarsi.
Come quando si parla al telefono con qualcuno che si trova in una zona dove c’è
poco campo, e il suono metallico arriva a scatti; e sotto c’è un fischio
continuo che fa venir voglia di non sentire più nulla.
La comunicazione è una
bussola:
se smarrisci la bussola non sai più in che direzione stai andando. Il litigio
spegne ogni fonte di luce tra i due disputanti che al buio si muovono come
mosche su un vetro.
Ecco cosa fa il
mediatore: prima di tutto aiuta le parti a ritrovare la bussola smarrita, a
fare in modo che possano riappropriarsi delle parole perse e riscoprire la
disponibilità e la curiosità di ascoltarsi, anche mentre si dicono cose
spiacevoli.
Tuttavia la bussola da
sola non è sufficiente: ti indica in che direzione stai andando ma non se è quella
giusta. Per questo il lavoro del mediatore non è ancora finito. Poiché la
destinazione spesso non è chiara a nessuno dei litiganti, il mediatore con il
loro aiuto e facendo domande disegna una mappa e, con ciascuno dei due, valuta
quale tra i possibili punti di arrivo porta il maggiori vantaggi per tutti.
La luce che nel
frattempo si è accesa con il ritrovamento della bussola non è ancora
sufficiente perché i litiganti si muovano agevolmente da soli. Allora il
mediatore indossa uno di quei caschi da minatore, quelli con la luce davanti.
Si mette in mezzo a loro e li prende per mano, accompagnandoli verso il
traguardo individuato. Con lui è più facile perché il fascio di luce del casco
illumina la strada e, tenendogli la mano, ciascuno si sente al sicuro e pronto
a lasciarsi alle spalle il conflitto che lo faceva soffrire.
Ecco cosa fa il
mediatore! Rende più facile ciò che per le persone che stanno litigando è
molto difficile. E lo fa guardando sempre avanti, assicurandosi in ogni momento
che stiano bene. Ciò che è stato diventerà solo un ricordo che, allontanandosi,
non farà più male e smetterà di fare paura, come succede quando ci si sveglia
dopo un brutto sogno.”
Come si dice: parlare a nuora
perché suocera intenda. Potremmo parafrasare: parlare a figlio perché mamma e
papà avvocati intendano….
Mi piacerebbe leggere
qualche altro modo di spiegare il nostro lavoro, rivolto agli adulti ma che abbia
un suono armonico, che faccia venir voglia di ascoltare come va a finire…
In fondo è solo una
questione di comunicazione, giusto? E riprendiamo a fare cultura.
Carola
Colombo
Carola sei insuperabile.Tuttavia io ho sempre sostenuto che la presenza di un avvocato può essere utile per rassicurare la Parte, ma solo a condizione che sia un avvocato che abbia seguito un corso almeno di accompagnatore alla mediazione. Secondo te uno studio legale manderebbe in tribunale un avvocato che ignorasse il Codice di Procedura? Purtroppo è quello che avviene nella mediazione, con accompagnatori prevenuti ed ignoranti della procedura.
RispondiEliminaUn caldo abbraccio
Francesco