Ospito nel mio blog un commento molto interessante
dell'amico e collega Andrea Melucco. Da leggere perché offre utili spunti di riflessione
sulla sentenza 272/2012 della Corte Costituzionale.
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Nella
giornata di giovedì è stata finalmente pubblicata la sentenza della Corte
costituzionale (sentenza 6 dicembre 2012 n.272 in corso di pubblicazione sulla
GU) che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.5 comma prima del
d.lgs. 28 2010.
La motivazione chiarisce che la censura che la
Consulta ha ritenuto di accogliere è quella (e, precisiamolo subito) soltanto
quella relativa all'eccesso di delega per:
a) non avere il legislatore delegante (art.60 della
l.69/2009) espressamente indicato tra i caratteri dell'istituto quello della obbligatorietà
b) non avere le fonti comunitarie (di cui si
ritiene impropriamente, come chiarito dalla sentenza del TAR Lazio) indicato
come cogente la previsione dell'obbligatorietà, ma avendo (anzi) lasciato ampi
libertà al legislatore nazionale sulle forme e modalità di introduzione dell'istituto.
c) nell'avere anzi il legislatore delegante
"disseminato" nelle previsioni dettate, indizi che militano in senso
contrario alla ipotesi dell'obbligatorietà o che comunque si pongono
sostanzialmente in problematico coordinamento con essa [tra tutti la
circostanza che il legale debba (obbligo) informare la parte della facoltà (e
non obbligo) di accedere alla mediazione].
Se la caducazione è relativa SOLO al primo comma
dell'articolo 5, se ne deve trarre la conseguenza che le altre forme di
(accesso al procedimento di) mediazione siano comunque appieno salvaguardate, anche
perchè NON INCISE dalle censure formulate dai Giudici rimettenti.
Eppure, a ben vedere, non è così. La pronuncia, infatti, a conclusione di una
motivazione incentrata come detto solo sui profili relativi all'eccesso di
delega (nella prima parte) ed alla inapplicabilità (direi più esattamente non
pertinenza) al caso di specie dei principi enunciati dalla stessa Consulta con
la pronuncia 2276/2000 che ritenne legittima la previsione del tentativo obbligatorio
di conciliazione nel rito del lavoro (nella seconda) conclude affermando 11)
l'illegittimità costituzionale dell'art.5 comma 1 del d.lgs. 28/22010 e 2) in
via consequenziale anche l'illegittimità costituzionale di una serie di nome
correlate.
Vorrei concentrarmi su tale passaggio, perché - sia
consentito – desta gravi perplessità almeno su un profilo. Alla lettera h) del punto 2 infatti, la
declaratoria di illegittimità investe anche la previsione di cui al comma 5
dell'art.8.
Tale norma, come noto, prevedeva originariamente
solo la facoltà per il Giudice di trarre argomenti di prova (ex art.11 secondo
comma cpc) dal contegno serbato dalle parti (non solo nel corso del giudizio ma
anche) a cagione della mancata partecipazione al procedimento di mediazione
senza giustificato motivo.
Tale previsione, era stata successivamente
modificata, prevedendo che il Giudice condanni la parte che non abbia
partecipato (senza giustificato motivo) alla mediazione al pagamento in favore
dello Stato di una somma pari al contributo unificato dovuto per il giudizio. La norma precisa(va) "nei casi previsti
dall'art., facendo quindi riferimento non solo alla mediazione obbligatoria ma
anche alla mediazione delegata (art.5 comma secondo) ed alla mediazione negoziale
(art.5 comma quinto).
Se tanto pare lineare, non si comprende per quali
ragioni – peraltro neppure espressamente indicate - la Consulta ha inteso
fulminare di illegittimità derivata una previsione relativa alle forme di
(introduzione del procedimento di) mediazione DIVERSE da quella obbligatoria,
che - come accennato - appaiono assolutamente indenni dalla declaratoria di
illegittimità costituzionale.
Ma, quel che sorprende maggiormente, è che la
Consulta non abbia tenuto (apparentemente) in alcuna considerazione che la
novellazione dell'art. 8 comma quinto sia avvenuto per mezzo di una norma di
legge ordinari. La modifica e' stata infatti introdotta dall' art.
2 comma 35 sexies del decreto legge 13 agosto 2011 n. 138 convertito con
modificazioni dalla legge 14 settembre 2011 n. 148.
Appare dunque assai problematico immaginare che
l'illegittimità di una norma per eccesso di delega possa travolgere anche - in
via derivata – una norma che riguarda istituti che non sono da un lato affetti
dal medesimo vizio e dall'altra norme che appaiono assolutamente estranee allo
stesso vizio dichiarato e sanzionato.
La domanda con cui ho aperto è retorica. Non spetta alla Consulta rimediare a quello che -
dal punto di vista sostanziale e formale - appare un vulnus non necessario che
è stato inferto alla normativa sulla mediazione.
Sul piano formale perchè si ritiene che la non
meglio motivata illegittimità derivata non fosse in alcun modo sussistente. Sul piano sostanziale, perchè rimuove uno dei pochi
strumenti che potevano aiutare la parte interessata a "costringere"
la controparte al dialogo pur in presenza di una mediazione meramente
volontaria.
Come infatti ho avuto occasione di ribadire in
molteplici interventi in questa lunga attesa della motivazione, il nostro
ordinamento non ha alcun bisogno della mediazione OBBLIGATORIA quanto di una mediazione
che aiuti le parti a COSTRINGERE l'altra parte al dialogo, se lo ritiene utile. Spero sia sufficientemente chiaro che le due
prospettive sono assolutamente difformi.
Il paternalismo della norma bocciata dalla Consulta
(e dai cittadini) non aiuta (perchè non consente alla parte di fare la PROPRIA
PROPOSTA) chi vuole davvero trovare un accordo ovvero mettere dei paletti
chiari che non siano l'imprevedibile determinazione del mediatore.
Il dirigismo di prevedere una sola forma di
mediazione (anzichè il pluralismo del multidoor
options) è tutto italico e duro a morire.
Questo (a mio sommesso avviso) infortunio del
Giudice delle leggi costringerà tutti ad interrogarci davvero non tanto sulla
reintroduzione della OBBLIGATORIETA' quanto su quali strumenti effettivi
vogliamo davvero dare AI CITTADINI per governare compiutamente un area della propria
sfera patrimoniale (i diritti disponibili) che dovrebbe (in uno stato liberale
degno di questo nome) essere rimessa alla LIBERA determinazione delle parti
stesse.
Ci riusciremo ????
Buona riflessione a tutti
Andrea Melucco
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