Questa splendida canzone di Franco Battiato mi ha ispirato un riflessione sul tempo e sul cambiamento. Riflessione di cui parlerò anche lunedì 11 novembre prossimo, durante la mia trasmissione GODOT PRIDE, in onda su www.radiogodot.net, dalle 21 alle 22,45, dedicata proprio al concetto del "tempo" e del suo trascorrere. Il contributo è stato pubblicato anche su L'Altra pagina.it.
________________
L’imperatore Marco Aurelio scriveva che “L’universo è cambiamento;
la vita, opinione”. E questo sembra essere il tema portante di Di
passaggio, splendida canzone di Franco Battiato, tratta da L’imboscata,
del 1996, diciannovesimo album del cantautore e musicista siciliano. Album che
peraltro contiene alcuni fra i suoi migliori pezzi come Strani giorni, La
cura e Splendide previsioni.
Musicalmente parlando, il pezzo è molto ritmato e si sviluppa intorno
a un motivo strumentale che viene utilizzato anche come ponte, in cui si muove
un riff di chitarra accompagnato da un suono di rullante molto insistente e dal
suono di sintetizzatore che si sente in sottofondo.
Ma una parte fondamentale del brano è ovviamente rappresentato dal
testo, arricchito da citazioni di filosofi greci. Nell’introduzione si sente un
frammento - recitato dal filosofo Manlio Sgalambro, autore anche di tutti dei
testi delle canzoni, alcuni anche scritti insieme a Battiato, tra cui anche la
stessa Di passaggio - tratto da Eraclito di Efeso (VI sec. a.c.), mentre alla
fine Battiato recita un frammento di Callimaco, poeta elegiaco di età
alessandrina (III sec. a.c.) che a sua volta cita Platone.
Riporto alcuni passaggi del testo: ad es. quello della prima strofa,
Passa la gioventù, non te ne fare un vanto: lo sai che tutto cambia,
nulla si può fermare.
Cambiano i regni, le stagioni, i presidenti, le religioni, gli urlettini
dei cantanti......
e intanto passa ignaro il vero senso della vita.
Si cambia amore, idea, umore, per noi che siamo solo di passaggio.
O quello della seconda strofa:
Soffia la Verità nel Libro della Formazione.
Passano gli alimenti, le voglie, i santi, i malcontenti.
Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, né prevedere i
cambiamenti di costume.
E intanto passa ignaro il vero senso della vita.
Ci cambiano capelli, denti e seni, a noi che siamo solo di passaggio.
Dal testo emerge la contrapposizione tra due livelli di esistenza;
quello più superficiale, da tutti colto e ben conosciuto, relativo nostri gusti
ed alle situazioni che viviamo, che cambiano in quanto di per sé stesse
profondamente mutevoli, e quello invece più profondo ma difficilmente percorso
e spesso non adeguatamente compreso, che è quello relativo al “senso” della
vita.
Nel suo sviluppo, oltre alla parte iniziale recitata da Sgalambro, il
testo sembra riprendere l’opera di Eraclito, per cui la realtà è movimento, cambiamento
e trasformazione. Nulla resta immutato ed uguale a se stesso. La realtà, nel
pensiero del filosofo greco del VI sec. a.c. si manifesta come lotta (Eraclito
parla di guerra, polemos) di elementi contrari tra loro, legati da un
principio di complementarietà, tanto che tendono ad evolvere l’uno nell’altro.
Filosofia che, a ben vedere, richiama molto da vicino quella di un
contemporaneo di Eraclito, ossia il cinese Lao Tse, padre del taoismo, legge
fondamentale dell’universo, ossia un processo cosmico che è flusso e mutamento
costante. E’ questa la filosofia che ha prodotto i concetti di yin e yiang,
i due principi primi della realtà, in relazione dinamica tra di loro; concetti
opposti ed allo stesso tempo complementari, di trasformazione l’uno nell’altro.
Tirando un po’ le fila di questa rapida sintesi del pensiero di due
grandi filosofi, così come in qualche modo richiamati dal testo della canzone
di Battiato, possiamo dire che la nostra vita è allora caratterizzata da due
grandi direttrici, che rispondono a due prospettive diverse, il “divenire”
contrapposto all’”essere”. Le due “spinte” rappresentano il costante
riferimento, il confronto ed al tempo stesso l’evoluzione divergente l’una
dell’altra, perché opposte e complementari tra loro (come del resto lo sono lo yin
e lo yiang).
Infatti, da un lato troviamo il senso del divenire - cambiamento e
mutamento continuo - e dall’altro quello dell’essere - lo stare, la
concretezza, la stabilità, l’essere qui ed ora. E non si può cogliere il
cambiamento se non si è radicati nella concretezza (cosa significa “essere”?),
ma non si può nemmeno consolidare la concretezza se non si impara a gestire la
naturale mutevolezza della realtà (qual è la direzione del cambiamento?).
Allora, chissà magari proprio la canzone di Battiato può rappresentare
la “pietra angolare” di una riflessione sul “senso” del tempo, che in realtà si
traduce nella riflessione sulla capacità di gestione di un andamento ciclico
tra “essere” e “divenire”, stare fermi ed andare avanti. Chi si ferma è
perduto, recitava un vecchio adagio, ma magari lo anche chi non si ferma mai…
Alcune delle riflessioni del presente
articolo sono state ispirate dal volume di Piero Chiappano, Manager songbook,
Gruppo 24 ore, 2010, pp. 62-66.
Nessun commento:
Posta un commento