venerdì 10 gennaio 2014

Video TED - Un ricordo di un grande diplomatico


Samantha Power è una ricercatrice, responsabile dell’Harvard Carr Center for Human Right Policy. Studia da anni la politica estera dell’amministrazione americana, soprattutto per quanto riguarda i conflitti ed i diritti umani. I suoi libri trattano alcuni dei problemi più spinosi: il genocidio, la guerra civile e l’autoritarismo.

In questo video ricorda Sergio de Vieira Mello, diplomatico brasiliano che, per l’ONU, ha lavorato in alcuni tra i peggiori “teatri” dei conflitti internazionali, tra questi il Bangladesh, il Sudan all’inizio della guerra civile, in Libano (era a Beirut quando l’ambasciata degli USA fu colpita dal primo attacco suicida contro gli Stati Uniti (1983), a Cipro, in Mozambico, in Bosnia (per la sua costante attività negoziale con i serbi gli è stato anche dato il soprannome di “Serbio”), in Cambogia (dove fu il primo a negoziare con i Khmer rossi), in Ruanda (nel periodo successivo al genocidio), in Congo, a Timor ed, infine, in Iraq,  dove è rimasto vittima di un’esplosione nel 2003.

Per le sue capacità, la Power lo ha definito “un incrocio tra James Bond e Bobby Kennedy”; al primo, per il suo notevole ingegno (oltre che per il successo con le donne), mentre al secondo per la capacità di unire idealismo al realismo.

La Power sottolinea che dalla sua vita possono essere tratte quattro importanti lezioni:
1) Grande capacità di adattamento. “Ma verso la fine della sua vita, credo che avesse trovato un equilibrio dal quale noi come paese possiamo imparare. Stare nella stanza, non aver paura di parlare ai tuoi avversari, ma non mettere tra parentesi ciò che è successo prima di entrare nella stanza. Non occultare la storia. Non depositare i tuoi principi alla porta. E credo che stare nella stanza sia qualcosa che dobbiamo fare, sia che si tratti di Nixon che va in Cina o Krusciov e Kennedy o Reagan e Gorbaciov. Tutti i grandi progressi fatti da questo paese in relazione ai nostri avversari sono stati raggiunti entrando nella stanza. E non deve essere un atto di debolezza. Si può realmente fare di più per costruire una coalizione internazionale contro un malfattore o un delinquente se si sta nella stanza…”.

2) Grande attenzione alle persone. “Lui abbracciava ed esibiva una reverenza per la dignità che era davvero, davvero insolita. A un micro livello gli individui intorno a lui erano visibili. Lui li vedeva. Ad un macro livello, pensava, sapete, parliamo di promozione della democrazia, ma a volte lo facciamo in un modo che è un affronto alla dignità delle persone. Mettiamo la gente in un programma di aiuto umanitario e ce ne vantiamo perché abbiamo speso tre miliardi. È incredibilmente importante, queste persone non sarebbero vive se gli Stati Uniti, ad esempio, non avessero speso quel denaro in Darfur, ma non è un modo di vivere…”.

3) Libertà dalla paura. “Ma ciò di cui Sergio parlava è, calibriamo la nostra relazione con la minaccia. Non gonfiamo la minaccia; vediamola realmente in modo chiaro. […] Focalizziamoci su quelle che sono le sfide e le minacce legittime, ma non prendiamo cattive decisioni a causa del panico, o della paura. Nei momenti di paura, ad esempio, una della cose che Sergio era solito dire era: la paura è una cattiva consigliera. Ci buttiamo sugli estremi quando non ci stiamo adoperando e non stiamo provando, ancora, a calibrare le nostre relazioni con il mondo attorno a noi…”.

4) Consapevolezza della complessità, ma “passione” nell’affrontarla. “Di quanto questo compito di aggiustare fosse una fatica di Sisifo, e ciò nonostante, conscio di quella complessità che lo rendeva umile, non ne era paralizzato. E noi come cittadini, mentre affrontiamo questa esperienza della, come dire, crisi della fiducia, crisi delle competenze, crisi della legittimazione, credo che ci sia la tentazione di tirarci indietro dal mondo e dire: ah, Katrina, l'Iraq -- non sappiamo quello che stiamo facendo. Non possiamo permetterci di tirarci indietro dal mondo. È una questione di come stare nel mondo.”

La conclusione dell’intervento della Power è un vero e proprio invito a fare “qualcosa”, tutti noi, ognuno di noi, nella nostra vita, in ogni giornata ed in ogni modo che sia possibile… “La domanda è… vincerà il male?”. “Penso la risposta breve sia: no, non finché non lo permettiamo”.


Ecco, direi che a questo punto non resta che uscire fuori e cercare di fare qualcosa…
ps Ringrazio Alberto per il suggerimento...

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