Dal Quotidiano del Diritto de Il Sole 24 ore, riporto un articolo di Marco Marinaro sui primi dati sulla deflazione dei processi.
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Mediazione: i primi dati "romani" sulla deflazione dei processi
di Marco Marinaro
Nel mentre il Governo elabora la nuova riforma della giustizia civile, avendo come di consueto il precipuo obiettivo di deflazionare i tribunali da una mole di processi arretrati che rallentano oltre ogni ragionevolezza la durata dei percorsi giurisdizionali, la XIII sezione civile del Tribunale di Roma inizia a riordinare i numeri relativi al primo utilizzo dei nuovi strumenti conciliativi endoprocessuali derivanti dalla riforma della mediazione approvata nell'estate 2013.
Il contesto normativo - E infatti si deve ricordare come con il decreto "del fare" e con la sua legge di conversione sono andati rispettivamente a regime la proposta conciliativa del giudice (articolo 185-bis del Cpc ) e la nuova mediazione stragiudiziale demandata (articolo 5, comma 2, del Dlgs 28/2010) che ha introdotto per il giudice la possibilità di ordinare lo svolgimento del procedimento conciliativo.
Tali norme hanno un ampio raggio d'azione e avendo natura processuale sono state ritenute applicabili a tutti i processi civili pendenti (anche per quelli in grado di appello) mostrando in tal modo le loro potenzialità deflattive insite nella ratio legis.
Le prime ordinanze dei giudici - Per cui, a decorrere dalla fine del mese di settembre 2013, soprattutto alcuni tribunali più sensibili agli strumenti conciliativi che il legislatore ha rimesso all'utilizzo prudente e selettivo del giudice hanno emanato le prime ordinanze con le quali le parti venivano invitate a valutare proposte conciliative di fonte giudiziale e/o ad avviare la mediazione stragiudiziale.
Il tribunale di Roma - E proprio presso il tribunale capitolino che si è sviluppato un costante, ma sempre puntuale, ragionato e attento impiego di questi nuovi percorsi conciliativi con l'obiettivo di offrire alle parti l'opportunità di una soluzione negoziale quale alternativa al completamento del percorso giudiziale intrapreso il più delle volte già da alcuni anni.
Molte delle ordinanze romane sono state pubblicate e costituiscono esempi paradigmatici di come le nuove norme, apparentemente deboli, se utilizzate con consapevolezza e autorevolezza da parte del giudice possano offrire alle parti ed all'intero sistema una vera occasione, non solo per una rapida e soddisfacente soluzione negoziale della lite, ma anche per avviare un diverso approccio culturale per la composizione delle controversie fondato su un accordo efficiente.
Il tribunale di Roma si è così distinto nel primo anno di applicazione della nuova disciplina, non soltanto per un uso regolare e sempre motivato perché legato a un attento studio della specifica controversia, ma anche per l'impiego congiunto e coordinato di entrambi gli strumenti conciliativi. Sono infatti numerose le pronunce con le quali il giudice, dopo aver formulato una proposta conciliativa alle parti, dispone in via subordinata - e nel caso del mancato accordo sulla stessa - lo svolgimento della mediazione.
I dati raccolti dalla XIII sezione - I dati sono in fase di raccolta presso tutti i giudici della XIII sezione e si riferiscono soltanto al primo trimestre di applicazione della nuova normativa (ottobre/dicembre 2013) in quanto sia la proposta conciliativa giudiziale sia la mediazione demandata necessitano per il completamento di tempistiche adeguate (spesso, specialmente là dove le parti siano numerose, occorre più tempo per il raggiungimento, la formalizzazione e l'adempimento dell'accordo; ciò accade soprattutto ove siano coinvolti enti pubblici come quelli territoriali, previdenziali, ovvero assicurazioni, condomini, etc.). Sono stati quindi riportati i dati per le procedure i cui esiti (accordo/mancato accordo) possono dirsi stabilizzati in relazione al processo.
Dal punto di vista numerico il campione esaminato è ovviamente limitato ed è attualmente parziale, ma risulta comunque estremamente interessante e consente di comprendere le potenzialità di un uso mirato e consapevole delle nuove norme sotto il profilo deflattivo.
Ebbene, in relazione ai dati finora raccolti (che si ribadisce sono parziali) le cause nelle quali nel periodo indicato sono stati emessi provvedimenti ex articolo 185-bis del Cpc e/o ex articolo 5, comma 2, del Dlgs 28/2010, sono n. 58; in n. 9 di esse le procedure non sono ancora concluse. In particolare per n. 4 cause l'accordo è stato preannunciato dalle parti in udienza come già raggiunto, ma in corso di formalizzazione o di esecuzione, per n. 1 causa si è concesso un nuovo termine non essendo stati fatti da parte della cancelleria gli avvisi alle parti del provvedimento, per n. 3 procedure sono in corso trattative, per n. 1 causa si è dichiarata la interruzione della stessa. Pertanto le procedure nelle quali i provvedimenti di natura conciliativa sono conclusi sono n. 49.
Le procedure che si sono concluse con un accordo al quale ha conseguito la cancellazione della causa ex articolo 309 del Cpc (che è il modo consueto per la prova per facta concludentia del raggiunto accordo) sono n. 27. In n. 22 cause nelle quali erano stati emessi provvedimenti conciliativi le parti non hanno raggiunto l'accordo. La percentuale di accordi è quindi del 55,10%.
I risultati appaiono quindi particolarmente significativi e sarà ancora più interessante verificare i dati che emergeranno dopo un anno di sperimentazione. La strada appare segnata e i dati sembrano rassicurare anche quei tribunali ove i nuovi strumenti conciliativi vengono raramente utilizzati.
Il contesto normativo - E infatti si deve ricordare come con il decreto "del fare" e con la sua legge di conversione sono andati rispettivamente a regime la proposta conciliativa del giudice (articolo 185-bis del Cpc ) e la nuova mediazione stragiudiziale demandata (articolo 5, comma 2, del Dlgs 28/2010) che ha introdotto per il giudice la possibilità di ordinare lo svolgimento del procedimento conciliativo.
Tali norme hanno un ampio raggio d'azione e avendo natura processuale sono state ritenute applicabili a tutti i processi civili pendenti (anche per quelli in grado di appello) mostrando in tal modo le loro potenzialità deflattive insite nella ratio legis.
Le prime ordinanze dei giudici - Per cui, a decorrere dalla fine del mese di settembre 2013, soprattutto alcuni tribunali più sensibili agli strumenti conciliativi che il legislatore ha rimesso all'utilizzo prudente e selettivo del giudice hanno emanato le prime ordinanze con le quali le parti venivano invitate a valutare proposte conciliative di fonte giudiziale e/o ad avviare la mediazione stragiudiziale.
Il tribunale di Roma - E proprio presso il tribunale capitolino che si è sviluppato un costante, ma sempre puntuale, ragionato e attento impiego di questi nuovi percorsi conciliativi con l'obiettivo di offrire alle parti l'opportunità di una soluzione negoziale quale alternativa al completamento del percorso giudiziale intrapreso il più delle volte già da alcuni anni.
Molte delle ordinanze romane sono state pubblicate e costituiscono esempi paradigmatici di come le nuove norme, apparentemente deboli, se utilizzate con consapevolezza e autorevolezza da parte del giudice possano offrire alle parti ed all'intero sistema una vera occasione, non solo per una rapida e soddisfacente soluzione negoziale della lite, ma anche per avviare un diverso approccio culturale per la composizione delle controversie fondato su un accordo efficiente.
Il tribunale di Roma si è così distinto nel primo anno di applicazione della nuova disciplina, non soltanto per un uso regolare e sempre motivato perché legato a un attento studio della specifica controversia, ma anche per l'impiego congiunto e coordinato di entrambi gli strumenti conciliativi. Sono infatti numerose le pronunce con le quali il giudice, dopo aver formulato una proposta conciliativa alle parti, dispone in via subordinata - e nel caso del mancato accordo sulla stessa - lo svolgimento della mediazione.
I dati raccolti dalla XIII sezione - I dati sono in fase di raccolta presso tutti i giudici della XIII sezione e si riferiscono soltanto al primo trimestre di applicazione della nuova normativa (ottobre/dicembre 2013) in quanto sia la proposta conciliativa giudiziale sia la mediazione demandata necessitano per il completamento di tempistiche adeguate (spesso, specialmente là dove le parti siano numerose, occorre più tempo per il raggiungimento, la formalizzazione e l'adempimento dell'accordo; ciò accade soprattutto ove siano coinvolti enti pubblici come quelli territoriali, previdenziali, ovvero assicurazioni, condomini, etc.). Sono stati quindi riportati i dati per le procedure i cui esiti (accordo/mancato accordo) possono dirsi stabilizzati in relazione al processo.
Dal punto di vista numerico il campione esaminato è ovviamente limitato ed è attualmente parziale, ma risulta comunque estremamente interessante e consente di comprendere le potenzialità di un uso mirato e consapevole delle nuove norme sotto il profilo deflattivo.
Ebbene, in relazione ai dati finora raccolti (che si ribadisce sono parziali) le cause nelle quali nel periodo indicato sono stati emessi provvedimenti ex articolo 185-bis del Cpc e/o ex articolo 5, comma 2, del Dlgs 28/2010, sono n. 58; in n. 9 di esse le procedure non sono ancora concluse. In particolare per n. 4 cause l'accordo è stato preannunciato dalle parti in udienza come già raggiunto, ma in corso di formalizzazione o di esecuzione, per n. 1 causa si è concesso un nuovo termine non essendo stati fatti da parte della cancelleria gli avvisi alle parti del provvedimento, per n. 3 procedure sono in corso trattative, per n. 1 causa si è dichiarata la interruzione della stessa. Pertanto le procedure nelle quali i provvedimenti di natura conciliativa sono conclusi sono n. 49.
Le procedure che si sono concluse con un accordo al quale ha conseguito la cancellazione della causa ex articolo 309 del Cpc (che è il modo consueto per la prova per facta concludentia del raggiunto accordo) sono n. 27. In n. 22 cause nelle quali erano stati emessi provvedimenti conciliativi le parti non hanno raggiunto l'accordo. La percentuale di accordi è quindi del 55,10%.
I risultati appaiono quindi particolarmente significativi e sarà ancora più interessante verificare i dati che emergeranno dopo un anno di sperimentazione. La strada appare segnata e i dati sembrano rassicurare anche quei tribunali ove i nuovi strumenti conciliativi vengono raramente utilizzati.
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